Ogni anno in India si registrano 6 milioni di aborti, cioè 26 donne ogni 1.000 in età riproduttiva. Nonostante la legge che vieta la pratica della determinazione del sesso nei test pre-natali, tantissime bambine continuano ad essere abortite. Il problema dell’anzianità della popolazione, soprattutto nelle aree rurali. Gli anziani “sono abbandonati e discriminati in base allo status e all’appartenenza sociale. Ma la Chiesa ne accoglie tanti in modo gratuito”. Dopo il governo, la Chiesa è il maggior fornitore di prestazioni sanitarie.

Mumbai (AsiaNews) – Il boom “dell’industria della maternità surrogata ha procurato all’India il titolo di capitale mondiale dell’utero in affitto”. Lo dice ad AsiaNews il dott. Pascoal Carvalho, membro della Pontificia accademia per la vita, riguardo la pratica in sensibile aumento che consente alle coppie – soprattutto estere – di “affittare” l’utero di una gestante, molto più “economico” in India rispetto ai Paesi occidentali. Il medico cattolico, che è anche membro della Commissione diocesana per la vita umana, riferisce che l’India è uno dei Paesi in cui è più facile abortire: “Le stime riportano oltre 6 milioni di aborti ogni anno a livello nazionale. Ciò vuol dire che 26 donne ogni 1.000 in età riproduttiva non mettono al mondo il proprio figlio”.

Il dott. Carvalho si trova a Roma per aver partecipato alla plenaria della Pontificia accademia per la vita, i cui partecipanti sono stati ricevuti ieri dal papa. A proposito del monito di Francesco contro la cultura della “mercificazione” della vita e le “colonizzazioni ideologiche”, il medico sottolinea che le coppie che decidono di abortire in India devono superare un attento scrutinio. I servizi “per l’aborto sicuro – dice – sono riservati a quelle cause che rientrano nell’obbligo di segnalazione delle interruzioni di gravidanza al distretto sanitario”. Ma poi, è la sua denuncia, “anche se è in vigore il Pre-Natal Diagnostic Techniques Act del 1994 – che vieta i test per la determinazione del sesso – i test vengono praticati lo stesso e si commette l’omicidio del feto”.

Le pratiche discriminatorie contro le femmine sono ancora piuttosto diffuse in India, dove le “radicate norme culturali considerano la donna inferiore all’uomo”. In questa era di secolarismo e tecnologia, aggiunge, “la sfida della medicina contemporanea è fornire ai pazienti dei trattamenti che sono prima di tutto rispettosi della persona umana. Nel 2014 il Simposio della Commissione per la teologia e la dottrina della Conferenza episcopale dei vescovi di rito latino (Ccbi) ha chiesto di mettere al bando la surrogazione di maternità e l’eutanasia”.

Mentre “la cultura della morte sembra che stia guadagnando terreno – continua –, la cultura della vita viene difesa ardentemente e promossa in tutte le sue forme dalla Chiesa cattolica. Anche se la comunità cristiana in India è minuscola (il 2,3% della popolazione), circa 130mila persone prestano il loro servizio nelle strutture sanitarie o educative. Religiosi, laici e volontari sono impegnati in 4.760 strutture mediche, tra cui sei medical college e 740 ospedali”.

Il dott. Carvalho afferma: “Dopo il governo, la Chiesa è il maggior fornitore di cure mediche. Si calcola che la comunità cristiana gestisca il 22% degli impianti e dei programmi sanitari, di cui l’85% situati nelle aree più remote”.

Un posto di rilievo è riservato alla cura degli anziani, anche in virtù del fatto che si prevede che nel 2050 gli ultra sessantenni supereranno i minori di 14 anni. “La situazione è ancora più impegnativa perché l’80% degli anziani risiede nelle aree rurali, e il 30% di esso è al di sotto della soglia di povertà. L’India si piazza al 73mo posto su 91 Paesi nell’Indice globale di anzianità (Gawi). La Chiesa ha istituto 678 centri di formazione e 443 centri di riabilitazione per le persone anziane e con disabilità. In tutto il Paese gestisce 615 ospizi, che accolgono in modo del tutto gratuito quasi 18.500 anziani, la maggior parte malati e abbandonati dalle famiglie”.

Purtroppo, dice in conclusione, “esistono anche molte limitazioni nell’accesso alle cure, date dalle barriere sociali sul genere o sull’appartenenza a religione, casta, status. La Chiesa invece si fonda sulla creazione dell’immagine di Dio e in continuazione riafferma la fede, l’amore e la speranza di Gesù Cristo, in particolare in questo Giubileo della Misericordia”