TRIPTORELINA E RICERCA SCIENTIFICA
“La norma etica, fondata sul rispetto della dignità della persona, deve illuminare e disciplinare tanto la fase della ricerca quanto quella dell’applicazione dei risultati, in essa raggiunti.” (1)
Questa affermazione di Giovanni Paolo II rappresenta, di per sé, un principio universale, e quindi condivisibile (e da mettere in pratica) per tutti. Tuttavia oggi viviamo in una società a due velocità, che non si incontrano mai: da una parte la velocità del progresso che ha sempre fretta e corre velocissimo ed inarrestabile, mentre dall’altra c’è la velocità della riflessione etica, molto più lenta. Ed ecco che tecnologia ed evoluzione sociale dovrebbero essere in perfetto equilibrio, ma oggi non lo sono per nulla!
Nel 2000 a Vercelli il Card. Tettamanzi già si chiedeva (forse un po’ provocatoriamente): «L’etica, la morale è un freno o, invece, uno stimolo alla scienza e alla tecnica?» E ce lo domandiamo anche noi, dal momento che, anche se si invoca (con insistenza) una libertà assoluta della ricerca, tuttavia c’è troppo poca libertà nel concreto. E questo per alcuni ineludibili condizionamenti, che sono estranei, se non addirittura antitetici, rispetto alla scienza come tale, alla ricerca come tale, all’applicazione tecnologica come tale; ma soprattutto al bene comune e di ogni singolo individuo.
Spesso la ricerca scientifica e le applicazioni tecnologiche sono dominate da interessi economici, da interessi politici, da interessi ideologici e soprattutto da interessi personali. Se davvero la situazione è questa, e cioé che c’è troppo poca libertà, ritengo sia legittimo, anzi doveroso rivendicare tale libertà della scienza e della tecnica.
E tale problematica risulta particolarmente attuale, perchè si inserisce, con prepotenza, nelle recenti polemiche che si sono riaccese a seguito della prescrivibilità della triptorelina, il farmaco antitumorale che, come effetto collaterale, blocca la pubertà.
Come ricordiamo, già nel luglio del 2018, il CNB (Comitato Nazionale per la Bioetica), pur avanzando raccomandazioni e notevoli riserve, ispirate alla cautela e alla valutazione caso per caso, aveva di fatto avallato tale farmaco, anche se limitatamente ad alcune indicazioni specifiche. Indicazioni che tuttavia, come lo stesso comitato riconosceva, non hanno ancora sufficienti evidenze scientifiche a sostegno. E già questo poteva sembrare, per lo meno, imprudente, da parte di un comitato etico.
Ma, successivamente, l’AIFA ha addirittura approvato, proprio di recente, la prescrivibilità del farmaco, che risulta quindi completamente a carico del SSN, pur limitandone l’impiego a casi selezionati, ma disattendendo comunque alcune norme e prassi consolidate, che prevedono studi più completi, più asseverati e quindi anche più attendibili.
E questo anche se, a dire il vero, alcune società scientifiche (non tutte!) si sono espresse con favore per l’utilizzo della triptorelina: trattamento in grado, secondo queste società, di ridurre i problemi comportamentali ed emotivi ed il rischio suicidario.
Ma senza mettere in dubbio la buona fede di nessuno, non possiamo escludere alcuni condizionamenti da parte della cultura dominante che, pur essendo estranei alla scienza, finiscono poi, inevitabilmente, per incidere sull’interpretazione di alcuni risultati della ricerca.
Ma tale problematica si inserisce in un contesto ancor più complesso e delicato: la teoria del Gender. Su questo tema si è già parlato molto, e dobbiamo fare sempre molta attenzione, perché, accettando la teoria del gender, si finisce poi per disgregare l’istituto della famiglia.
Ma ora si sta addirittura andando anche oltre alla teoria del gender; e mi sto riferendo proprio al problema della triptorelina. Infatti, secondo alcune ideologie moderne, molto vicine alla teoria del gender, e oltretutto avvallate, come abbiamo visto, da alcune componenti del mondo scientifico, si vorrebbe proporre, in caso di diagnosi di disforia di genere, di bloccare farmacologicamente lo sviluppo della pubertà ad un adolescente.
Ricordo che la disforia di genere si può manifestare anche molto precocemente, nella pre-adolescenza (10/13 anni, o anche prima) e riguarda soggetti che «non si riconoscono» psicologicamente nel proprio sesso, ed esprimono il desiderio di modificare il proprio corpo sessuato: da maschio a femmina o da femmina a maschio o anche di vivere una condizione di ambiguità sessuale, per una mancata corrispondenza tra il sesso biologico ed il genere percepito.
Ma permangono tuttavia notevoli dubbi e perplessità, a causa degli imprevedibili rischi, per chi si sottopone a tale trattamento; rischi sia dal punto di vista clinico/ormonale e conseguente sviluppo fisico, che da un punto di vista cognitivo e psicologico/comportamentale.
In base a queste teorie il blocco dello sviluppo puberale si renderebbe comunque necessario, in attesa della cosiddetta riassegnazione sessuale, cioè dell’intervento chirurgico per il cambiamento del sesso biologico, e questo sempre nel caso di gravi sintomi psicologici, altrimenti non trattabili e risolvibili. E questo si verifica in un caso ogni novemila persone circa, o anche meno.
Ma, a fronte di alcuni possibili benefici, peraltro tutti da dimostrare, il CNB nel già citato parere specifico del 13 luglio 2018, rilevava i notevoli rischi riguardo alla sicurezza del farmaco, anche perché, come si accennava prima, i dati di follow-up sono ancora troppo poco significativi e non si possono escludere altri possibili effetti collaterali, a breve e a lungo termine.
In modo particolare: «Non risulta sufficientemente provato – si legge nel parere del CNB – se l’interruzione della pubertà fisiologica possa avere conseguenze negative sulla crescita, sulla struttura scheletrica, sull’apparato cardio-vascolare, neurologico-cerebrale e metabolico e sulla fertilità. I dati disponibili sono di tipo aneddotico, osservazionale o narrativo per quanto riguarda sicurezza ed efficacia: senza adeguati controlli sperimentali è impossibile un giudizio scientifico sui rischi».
Intanto, al momento, gli esperti che hanno studiato il problema hanno evidenziato che, bloccando lo sviluppo puberale dai 12 ai 18 anni – limite previsto dalla legge per l’intervento chirurgico – si potrebbe determinare farmacologicamente un disallineamento tra sviluppo fisico e sviluppo psico/cognitivo.
Per cui alcuni giustamente si domandano: Ma sarà possibile recuperarlo? Che effetti avrà questo blocco ormonale sull’equilibrio di un adolescente?
Ma se ci sono notevoli dubbi e perplessità, da un punto di vista scientifico, ci sono, a mio parere, ancora molti più problemi dal punto di vista etico e giuridico.
Sì perché non si può assolutamente parlare di evidenze scientifiche e questo rende ancora più incomprensibile la decisione dell’AIFA: di inserire la tripotorelina tra i farmaci ammessi e dispensabili gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale, seppure limitatamente per alcuni rari casi selezionati.
Un altro dubbio riguarda all’effettiva capacità di intendere e di decidere da parte di un minore e sulla possibilità di ottenere dallo stesso minore un consenso effettivamente valido, espresso in modo libero e volontario e con la piena consapevolezza delle informazioni ricevute. Anche perchè se pensiamo a quanto è avvenuto in passato, per le pillole abortive RU486 e gli stessi aborti oltre il termine delle 12 settimane, possiamo facilmente prevedere che le indicazioni per la triptorelina si moltiplicheranno in modo esponenziale.
La straordinaria evoluzione tecnologica, culturale e sociale degli ultimi decenni, oltre a innegabili vantaggi, genera anche preoccupazioni e paure per la salute degli uomini ed il futuro dell’umanità. Anche perché la cultura moderna ha stravolto i tradizionali valori della nostra civiltà: la vita, la famiglia ed ora, addirittura, anche il sesso e il genere degli individui. E questo per imporre i nuovi miti della società moderna, tra cui proprio il mito della libertà assoluta.
Una libertà che non dovrebbe avere più alcun limite; per cui si può programmare quando nascere (e quando morire), come nascere, addirittura, il sesso ed i caratteri somatici del nascituro.
E se il bambino che nasce non è soddisfatto del proprio sesso o abbiamo anche solo il dubbio che potrebbe poi desiderare di appartenere ad un altro sesso o ad un’ambiguità sessuale? Nessun problema, possiamo bloccare la sua pubertà con la triptorelina; e così il bambino, una volta maggiorenne, potrà modificare, più facilmente, il proprio sesso. Detto così sembrerebbe tutto facile e semplice, ma la vita non è un gioco, la vita è, innanzitutto, un dono, il dono più grande e straordinario che ci possa essere.
Per cui tutti noi (genitori, medici, amministratori, politici, giornalisti, etc…) non possiamo assolutamente permetterci di scherzare con la Vita e di sostituirci a Dio; e questo a prescindere da ideali e/o confessioni religiose; ne va del nostro futuro e, soprattutto, del futuro dei nostri figli.
Sì perchè una cosa è comprendere la fragilità umana o la complessità della vita, altra cosa è accettare ideologie in aperto contrasto con la concezione della natura umana ed il bene della persona. Sì il bene della persona ed, in questo caso, di un adolescente; perché come afferma Papa Francesco: “L’adolescenza non è una patologia che dobbiamo combattere!”
dr. Franco Balzaretti
(1) GIOVANNI PAOLO II, Ai rappresentanti della Società Italiana di Medicina e della società Italiana di Chirurgia Generale, 27 ott. 1980, in Insegnamenti III/2 (1980) 1008, n.3.