Pope Francis: prenatal diagnosis no excuse for abortion

Pope Francis addresses participants at a conference in the Vatican entitled “Yes to Life! – Caring for the precious gift of life in its frailness”.

By Vatican News

The conference was organized by the Dicastery for Laity, Family and Life, and the “Heart in a Drop” Foundation, which works to welcome “children born in conditions of extreme fragility”, who the culture of waste sometimes defines as “incompatible with life”.

Every child is a gift

The Pope received conference participants in audience on Saturday morning and told them “no human being can ever be incompatible with life”. Every child is “a gift that changes the history of a family…and this child needs to be welcomed, loved and cared for”.

Prenatal diagnosis

The Pope went on to speak about modern techniques of prenatal diagnosis that can detect the presence of malformations and diseases from the first weeks of pregnancy. Often the “mere suspicion of disease”, he said, can “change the experience of pregnancy”, and even risk “throwing women and couples” into a state of “deep despair”. Yet, the Pope continued, “the evolution of every disease is always subjective and often not even doctors know how it will manifest itself in the individual”.

Small patients

Pope Francis described children in the womb who have pathological conditions, as “small patients”. Advances in pharmacology and surgery have reduced “the gap between diagnostic and therapeutic possibilities, which for years was one of the causes of voluntary abortion and abandonment of care at the birth of many children with serious diseases”.

The medical mission

The Pope also spoke about the role of doctors. The medical profession, he said, is “a mission”: doctors should be “capable of entering into a relationship”, and of “committing themselves to always finding solutions that respect the dignity of every human life”. This is especially important in the case of children who are likely “to die immediately after childbirth”, said the Pope. Taking care of these children “helps parents to process mourning… That child will remain in their lives forever”.

Abortion never the answer

“Abortion”, said Pope Francis, “is never the answer”. “Human life is sacred and inviolable and the use of prenatal diagnosis for selective purposes must be strongly discouraged, because it is the expression of an inhuman eugenic mentality, which deprives families of the possibility of welcoming, embracing and loving their weakest children”, he said

Pope Francis concluded by thanking those families, mothers and fathers, who have welcomed fragile lives, and are now supporting and helping other families. “Your witness of love”, he said, “is a gift to the world”.

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http://www.laityfamilylife.va/content/laityfamilylife/it.html

https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2019-05/papa-francesco-vita-aborto-eugenetica.html#play

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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO PROMOSSO DAL DICASTERO
PER I LAICI, LA FAMIGLIA E LA VITA 
SUL TEMA “YES TO LIFE! – LA CURA DEL PREZIOSO DONO DELLA VITA NELLE ISTITUZIONI DI FRAGILITÀ”

Sala Clementina
Sabato, 25 maggio 2019

[Multimedia]


Signori Cardinali,
venerati fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle,

buongiorno e benvenuti. Saluto il Cardinale Farrell e lo ringrazio per le sue parole di introduzione. Saluto i partecipanti al Convegno internazionale “Yes to Life! Prendersi cura del prezioso dono della vita nella fragilità”, organizzato dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e dalla Fondazione “Il Cuore in una Goccia”, una delle realtà che nel mondo si adoperano ogni giorno per accogliere alla nascita bambini in condizioni di estrema fragilità. Bambini che, in taluni casi, la cultura dello scarto definisce “incompatibili con la vita”, e così condannati a morte.

Ma nessun essere umano può essere mai incompatibile con la vita, né per la sua età, né per le sue condizioni di salute, né per la qualità della sua esistenza. Ogni bambino che si annuncia nel grembo di una donna è un dono, che cambia la storia di una famiglia: di un padre e di una madre, dei nonni e dei fratellini. E questo bimbo ha bisogno di essere accolto, amato e curato. Sempre! Anche quando piangono, come quello [applausi]. Forse qualcuno potrà pensare: “Ma, fa rumore…portiamolo via”. No: questa è una musica che tutti noi dobbiamo ascoltare. E dirò che ha sentito gli applausi e si è accorto che erano per lui.  Bisogna ascoltare sempre, anche quando il bambino ci dà un po’ fastidio; anche in chiesa: che piangano i bambini in chiesa! Lodano Dio. Mai, mai cacciare via un bambino perché piange. Grazie per la testimonianza.

Quando una donna scopre di aspettare un bambino, si muove immediatamente in lei un senso di mistero profondo. Le donne che sono mamme lo sanno. La consapevolezza di una presenza, che cresce dentro di lei, pervade tutto il suo essere, rendendola non più solo donna, ma madre. Tra lei e il bambino si instaura fin da subito un intenso dialogo incrociato, che la scienza chiama cross-talk. Una relazione reale e intensa tra due esseri umani, che comunicano tra loro fin dai primi istanti del concepimento per favorire un reciproco adattamento, man mano che il piccolo cresce e si sviluppa. Questa capacità comunicativa non è solo della donna, ma soprattutto del bimbo, che nella sua individualità provvede ad inviare messaggi per rivelare la sua presenza e i suoi bisogni alla madre. È così che questo nuovo essere umano diventa subito un figlio, muovendo la donna con tutto il suo essere a protendersi verso di lui.

Oggi, le moderne tecniche di diagnosi prenatale sono in grado di scoprire fin dalle prime settimane la presenza di malformazioni e patologie, che a volte possono mettere in serio pericolo la vita del bambino e la serenità della donna. Il solo sospetto della patologia, ma ancor più la certezza della malattia, cambiano il vissuto della gravidanza, gettando le donne e le coppie in uno sconforto profondo. Il senso di solitudine, di impotenza, e la paura della sofferenza del bambino e della famiglia intera emergono come un grido silenzioso, un richiamo di aiuto nel buio di una malattia, della quale nessuno sa predire l’esito certo. Perché l’evoluzione di ogni malattia è sempre soggettiva e nemmeno i medici spesso sanno come si manifesterà nel singolo individuo.

Eppure, c’è una cosa che la medicina sa bene: i bambini, fin dal grembo materno, se presentano condizioni patologiche, sono piccoli pazienti, che non di rado si possono curare con interventi farmacologici, chirurgici e assistenziali straordinari, capaci ormai di ridurre quel terribile divario tra possibilità diagnostiche e terapeutiche, che da anni costituisce una delle cause dell’aborto volontario e dell’abbandono assistenziale alla nascita di tanti bambini con gravi patologie. Le terapie fetali, da un lato, e gli Hospice Perinatali,dall’altro, ottengono risultati sorprendenti in termini clinico-assistenziali e forniscono un essenziale supporto alle famiglie che accolgono la nascita di un figlio malato.

Tali possibilità e conoscenze devono essere messe a disposizione di tutti per diffondere un approccio scientifico e pastorale di accompagnamento competente. Per questo, è indispensabile che i medici abbiano ben chiaro non solo l’obiettivo della guarigione, ma il valore sacro della vita umana, la cui tutela resta il fine ultimo della pratica medica. La professione medica è una missione, una vocazione alla vita, ed è importante che i medici siano consapevoli di essere essi stessi un donoper le famiglie che vengono loro affidate: medici capaci di entrare in relazione, di farsi carico delle vite altrui, proattivi di fronte al dolore, capaci di tranquillizzare, di impegnarsi a trovare sempre soluzioni rispettose della dignità di ogni vita umana.

In tal senso, il confort care perinatale è una modalità di cura che umanizza la medicina, perché muove ad una relazione responsabile con il bambino malato, che viene accompagnato dagli operatori e dalla sua famiglia in un percorso assistenziale integrato, che non lo abbandona mai, facendogli sentire calore umano e amore.

Tutto ciò si rivela necessario specialmente nei confronti di quei bambini che, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, sono destinati a morire subito dopo il parto, o a breve distanza di tempo. In questi casi, la cura potrebbe sembrare un inutile impiego di risorse e un’ulteriore sofferenza per i genitori. Ma uno sguardo attento sa cogliere il significato autentico di questo sforzo, volto a portare a compimento l’amore di una famiglia. Prendersi cura di questi bambini aiuta, infatti, i genitori ad elaborare il lutto e a concepirlo non solo come perdita, ma come tappa di un cammino percorso insieme. Quel bambino resterà nella loro vita per sempre. Ed essi lo avranno potuto amare. Tante volte, quelle poche ore in cui una mamma può cullare il suo bambino lasciano una traccia nel cuore di quella donna, che non lo dimentica mai. E lei si sente – permettetemi la parola – realizzata. Si sente mamma.

Purtroppo la cultura oggi dominante non promuove questo approccio: a livello sociale il timore e l’ostilità nei confronti della disabilità inducono spesso alla scelta dell’aborto, configurandolo come pratica di “prevenzione”. Ma l’insegnamento della Chiesa su questo punto è chiaro: la vita umana è sacra e inviolabile e l’utilizzo della diagnosi prenatale per finalità selettive va scoraggiato con forza, perché espressione di una disumana mentalità eugenetica, che sottrae alle famiglie la possibilità di accogliere, abbracciare e amare i loro bambini più deboli. Delle volte noi sentiamo: “Voi cattolici non accettate l’aborto, è il problema della vostra fede”. No: è un problema pre-religioso. La fede non c’entra.  Viene dopo, ma non c’entra: è un problema umano. È un problema pre-religioso. Non carichiamo sulla fede una cosa che non le compete dall’inizio. È un problema umano. Soltanto due frasi ci aiuteranno a capire bene questo: due domande. Prima domanda: è lecito eliminare una vita umana per risolvere un problema? Seconda domanda: è lecito affittare un sicario per risolvere un problema? A voi la risposta. Questo è il punto. Non andare sul religioso su una cosa che riguarda l’umano. Non è lecito. Mai, mai eliminare una vita umana né affittare un sicario per risolvere un problema.

L’aborto non è mai la risposta che le donne e le famiglie cercano. Piuttosto sono la paura della malattia e la solitudine a far esitare i genitori. Le difficoltà di ordine pratico, umano e spirituale sono innegabili, ma proprio per questo azioni pastorali più incisive sono urgenti e necessarie per sostenere coloro che accolgono dei figli malati. Bisogna, cioè, creare spazi, luoghi e “reti d’amore” ai quali le coppie si possano rivolgere, come pure dedicare tempo all’accompagnamento di queste famiglie. A me viene in mente una storia che io ho conosciuto nella mia altra Diocesi. C’era una ragazzina di 15 anni down che è rimasta incinta e i genitori erano andati dal giudice per chiedere il permesso di abortire. Il giudice, un uomo retto sul serio, ha studiato la cosa e ha detto: “Voglio interrogare la bambina”. “Ma è down, non capisce…” “No no, che venga”. È andata la ragazzina quindicenne, si è seduta lì, ha incominciato a parlare con il giudice e lui le ha detto: “Ma tu sai cosa ti succede?” “Sì, sono malata…” “Ah, e com’è la tua malattia?” “mi hanno detto che ho dentro un animale che mi mangia lo stomaco, e per questo devono fare un intervento” “No… tu non hai un verme che ti mangia lo stomaco. Tu sai cos’hai lì? Un bambino!” E la ragazza down ha fatto: “Oh, che bello!”: così. Con questo, il giudice non ha autorizzato l’aborto. La mamma lo vuole. Sono passati gli anni. È nata una bambina. Ha studiato, è cresciuta, è diventata avvocato. Quella bambina, dal momento che ha capito la sua storia perché gliel’hanno raccontata, ogni giorno di compleanno chiamava il giudice per ringraziarlo per il dono della nascita. Le cose della vita. Il giudice è morto e adesso lei è diventata promotore di giustizia. Ma guarda che cosa bella! L’aborto non è mai la risposta che le donne e le famiglie cercano.

Grazie, dunque, a tutti voi che lavorate per questo. E grazie, in particolare, a voi famiglie, mamme e papà, che avete accolto la vita fragile – la parola fragilità va sottolineata – perché le mamme, e anche le donne, sono specialista in fragilità: accogliere la vita fragile; e che ora siete di sostegno e aiuto per altre famiglie. La vostra testimonianza d’amore è un dono per il mondo. Vi benedico e vi porto nella mia preghiera. E vi chiedo per favore di pregare per me.

Grazie!