SANTA PASQUA 2020
Pubblichiamo qui di seguito (ed in allegato nella loro versione integrale) i messaggi pasquali del nostro Assistente Nazionale Card. Edoardo Menichelli e del nostro Presidente prof. Filippo Boscia con i migliori auguri da parte di tutta la Presidenza Nazionale AMCI e uniti spiritualmente in preghiera con Papa Francesco e tutti voi con le vostre famiglie, in questi momenti di paura e di sofferenza, confidando nel Cristo Risorto.
Un Cristo che non ci abbandona mai ma che anzi ci è ancora più vicino in questi tempi bui e difficili :
“Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversus eam. Et tibi dabo claves regni!”
MESSAGGIO DEL CARD. EDOARDO MENICHELLI
Cari amici dell’AMCI,
il 26 febbraio 2020 ci siamo presentati davanti al Sacerdote, con il capo scoperto e inchinato abbiamo ricevuto la cenere, segno della nostra debolezza e fragilità e anche memoria della nostra finitezza; segno anche di penitenza.
Il rito è una tradizione all’interno della vita della Chiesa Cattolica. Con esso si dà inizio alla quaresima, al tempo liturgico orientato alla Pasqua.
Parola chiave ed evangelica di questo rito è il deserto: luogo che nessuno di noi, se non per diletto turistico, ha mai sperimentato. Conseguenza di ciò è che il deserto, nel quale Gesù entra nel suo tempo penitenziale di confronto con satana, è diventato per noi parola senza senso, spiritualmente vuota e insignificante, anche se qualche maestro di spiritualità suggerisce di entrare nel deserto spirituale, usando un’espressione poetica “fare deserto”.
Eppure quest’anno siamo entrati veramente nel deserto. Ci hanno chiuso in casa perché incombeva e incombe ancora su di noi un nemico invisibile che contagia, infetta, fa soffrire e produce morte. Siamo entrati in casa, siamo stati obbligati a riconsiderare nel giro di pochi giorni tutta la verità e la drammaticità del deserto che, seppur non presente geograficamente nella nostra casa, ci fa sperimentare tutta la solitudine, l’impotenza e la paura.
All’improvviso ci è venuto a mancare tutto quello che abbiamo costruito come indispensabile: c’eravamo abituati alla libertà e ora siamo in casa; c’eravamo abituati a fare festa con gli altri e ora siamo obbligati a parlare con noi stessi; c’eravamo abituati ad avere tutto e subito e ora avvertiamo che il poco è veramente indispensabile; c’eravamo abituati a non vedere i figli per tutta la giornata e ora siamo obbligati a giocare con loro, a farli non pensare; c’eravamo abituati a programmare, a scegliere divertimenti, vacanze, crociere, settimane bianche, ora tutto è impedito perché siamo nel deserto, anzi siamo stati condotti nel deserto.
Stiamo sperimentando la solitudine ma stiamo scoprendo anche di quanto bene abbiamo bisogno e di quante persone ci sono indispensabili. In questo deserto ha preso abitazione la paura e qualcuno di noi non ritrova più sé stesso, conosce la sua psicologia debole, poco educata fino a ieri alle scelte di volontà e al sacrificio. La paura ci sta facendo correre anche ai supermercati per paura che domani non si possa mangiare. Questo e tanto altro stiamo sperimentando e non sappiamo come riempire il tempo e nemmeno “le sciaperie televisive” ci distraggono. Per non pensare siamo caduti anche in una sorta di isteria collettiva che crediamo ci possa rendere vincitori solo perché ci affacciamo a un balcone fino a ieri chiuso per paura dell’altro.
Abbiamo anche ripreso a pregare quasi volendo “obbligare Dio” a esaudirci e liberarci, a toglierci da questo deserto. Siamo nel tempo in cui confliggono paura e fede, fede e paura.
Fede e paura non confliggono perché la preghiera diventa autentica quando essa ubbidisce alla parola di Dio che in Gesù ci dice “non abbiate paura”. E già, non abbiate paura, perché? Perché i profeti di sventura, in simili circostanze, sorgono come funghi, ma – grazie a Dio – scompaiono subito. Nessuno pensi che quanto ci sta capitando sia punizione di Dio: “non abbiate paura” perché Dio non punisce, piuttosto ama, educa, chiede collaborazione. La vera fede non ci fa guardare né credere a un Dio che punisce.
Credo che sia necessario una domanda: tutto questo perché? Se guardiamo la storia dell’umanità possiamo constatare che dopo la prova, la croce, la disgrazia viene sempre una alleanza nuova di bene, di speranza e di risurrezione. In questo tempo dobbiamo essere capaci di risvegliare il desiderio di Dio, delle cose buone, della parentela umana, della libertà come scelta di ogni cosa buona. Sì, dobbiamo scoprire il desiderio di Dio per offrire agli altri desideri di speranza. Il primo desiderio che sta davanti a noi è il sapere e il riscoprire che c’è la Pasqua, l’avvenimento che richiama e ci colloca dentro un duello tra la morte e la Risurrezione: la morte spaventa, la Risurrezione rallegra; la morte azzera la vita, la Risurrezione ridona la vita. Nella morte il germe della vita (cfr. Gv 12,24). Il duello umanamente irrisolvibile, si “compie” nella fede. Ci aiuta in questo Maria, la madre di Gesù, la donna del Sabato Santo, la quale soffre per la morte del Figlio ma, come le altre donne, non va al sepolcro perché sa che la morte del Figlio è parola “penultima”, l’ultima è suo Figlio Risorto.
Rimettere la Pasqua nella trama dei nostri giorni umani per uscire dal deserto, per liberarci dagli ingolfamenti che ci siamo fabbricati e per ritrovare la strada della verità, la forza della speranza, l’obbligo dell’amore.
La paura ci ha tolto il tempio di pietra, dobbiamo recuperare il tempio spirituale che Gesù suggerì alla donna inquieta di Samaria la quale, turbata e appesantita dai suoi godimenti di vita, fu invitata ad entrare nel tempio dello Spirito per una adorazione di Dio nella Verità: la donna riscoprì sé stessa e il Salvatore.
La Pasqua, celebrata da Cristo è avvenimento indispensabile per la storia e chiede di essere assunto come modello della nostra vita per dare compimento alla stessa.
Mi piacerebbe insieme a voi dare un senso a questa stagione rifacendomi a un’espressione alla quale siamo stati abituati da piccoli. Ci si diceva: “mi raccomando fai Pasqua”. Senza minimamente intaccare ciò che i nostri educatori ci volevano dire con quella espressione (confessarsi e comunicarsi) penso che in questa stagione che viviamo quel suggerimento possa essere tradotto da tutti con un rendersi conto che siamo obbligati a farci parte di una storia che sperimenta la croce, è intimidita dalla paura ma deve farsi carico di una solidarietà e di una compagnia di fratelli, e a costruire una speranza, la stessa che la Pasqua di Cristo contiene.
+ Card. Edoardo Menichelli, Assistente Nazionale AMCI
MESSAGGIO DEL PRESIDENTE FILIPPO BOSCIA
Carissimi Amici,
desidero dar seguito ad un mio precedente messaggio sulla “Quaresima al tempo del coronavirus”. In realtà questa non è una Quaresima qualsiasi che possiamo ritenere identica alle precedenti.
E’ un doloroso itinerario nel quale siamo proiettati in situazione di vulnerabilità totale, all’improvviso condotti a riflettere criticamente e sistematicamente sulla nostra vita, sull’organizzazione sanitaria, ma anche sulla struttura sociale ed economica del nostro Paese.
Stiamo vivendo altresì una ulteriore crisi di relazione intra-familiare ed extra-familiare, epicrisi di tutte quelle scelte da noi fatte in passato nel tentativo, non proprio riuscito, di migliorare la vulnerabilità intrinseca e la dignità della persona.
Riconosciamo che molte delle grandi scelte sociali non sono state tutte eticamente sensibili! Di fatto ci hanno proiettato nel tunnel dell’attuale vulnerabilità della quale siamo innanzitutto artefici, ma anche per conseguenza vittime.
L’emergenza da coronavirus ci ha trovati impreparati e ci ha trasmesso incertezze, timori, paure e tanto altro di negativo, ossia sofferenze, dolori e lutti.
Torno a scrivervi per incoraggiarvi a percorrere questo drammatico itinerario contemporaneo, consapevoli che per noi cattolici, questo percorso quaresimale è al tempo stesso battesimale e penitenziale e mi auguro ci faccia giungere il più serenamente possibile alla Pasqua, nella quale la Chiesa universale rinnova l’alleanza con il Signore Crocifisso e Risorto.
Siamo avviati in un cammino di conversione che va dalle “ceneri ricevute sul capo” alla “lavanda dei piedi” nella messa in Cena Domini.
Cerchiamo di colmare la nostra solitudine e disponiamoci ad intravedere luci di speranza, aiutati dal sapiente messaggio che il nostro Cardinale Edoardo Menichelli, assistente ecclesiastico nazionale, mi ha inviato per trasmetterlo a tutti voi.
Desidero ringraziarlo con tutto il cuore perché ci spinge ad essere pro-vocati, ma anche tras-figurati per costruire nella nostra associazione rinnovati itinerari per una chiesa rinnovata, come la desidera il Signore.
Roma, 30.3.2020
prof. Filippo M. Boscia – Presidente Nazionale AMCI