(Foto FIAMC)
Dott. Ermanno Pavesi—
Origini del COVID-19: La Cina rifiuta la collaborazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
Fin dagli inizi dell’epidemia è stata ribadita l’importanza delle ricerche sull’origine del virus. In molti bollettini ufficiali l’OMS ha ricordato tra i compiti attribuiti alle autorità cinesi proprio la ricerca delle cause dell’epidemia.
Sul sito ufficiale della WHO, visitato il 14.5.2020, l’ultimo aggiornamento del capitolo sulle origini del virus SARS-CoV-2, responsabile della epidemia COVID-19, risale al 26 marzo.
Dopo aver ricordato come le prime indagini per comprendere l’epidemiologia di COVID-19 e la fonte originale dell’epidemia avevano riscontrato un collegamento diretto con il mercato del pesce di Wuhan, il sito fornisce scarse informazioni sulle origini dell’epidemia: “Il virus potrebbe essere stato introdotto nella popolazione umana da una fonte animale del mercato oppure un essere umano infetto avrebbe potuto introdurre il virus nel mercato, dove si sarebbe poi diffuso. Indagini successive sui primi casi umani hanno ricostruito la comparsa di sintomi attorno al 1° dicembre 2019. Tuttavia, questi casi non avevano alcun legame diretto con il mercato ittico e potrebbero quindi essere stati infettati a novembre attraverso il contatto con casi non rilevati in precedenza (il periodo di incubazione tra esposizione e insorgenza dei sintomi può arrivare fino a 14 giorni). Ulteriori studi sono in corso per verificare se le infezioni non riconosciute nell’uomo possano essere avvenute già a metà novembre 2019”.
Non si tratta della prima volta che l’OMS riferisce di studi in corso o addirittura progettati, sarebbe preferibile se potesse già riferire i risultati di questi studi. In pratica, a parte l’identificazione del virus, sulle sue origini non ne sappiamo molto di più di quanto il dottor Li Wenliang aveva comunicato nella sua chat il 30 dicembre 2019, quando ha avvertito che c’erano alcuni pazienti con una infezione da coronavirus e che avevano rapporti con il mercato del pesce.
Le autorità cinesi rifiutano la proposta dell’OMS di collaborare alle indagini sulle origini del virus
Il 6 maggio 2020, la portavoce del Ministero degli esteri cinese, Hua Chunying, ha tenuto una conferenza stampa presso la Missione Permanente della Repubblica Popolare Cinese presso le Nazioni Unite a Ginevra. (http://www.china-un.ch/eng/fyrth/t1776657.htm)
Durante la conferenza stampa, il giornalista di Sky ha ricordato che in una intervista rilasciata la settimana precedente alla sua agenzia di stampa, il Dottor Gauden Galea, rappresentante dell’OMS in Cina dal 2018, aveva raccontato di aver chiesto ripetutamente alle autorità cinesi di invitare l’OMS a partecipare alle indagini sull’inizio dell’epidemia, ma che le richieste erano state respinte. Il giornalista ne ha chiesto la ragione.
La portavoce ha dapprima sostenuto che “La versione di Sky News non aveva citato interamente Gauden Galea, non aveva reso correttamente il suo punto di vista ed era quindi fuorviante”. La signora Hua Chunying ha citato un’altra intervista, nel quale il dottor Galea avrebbe manifestato la fiducia dell’OMS nelle capacità di ricerca della Cina. In risposta alla critica che Sky non avrebbe riferito correttamente il pensiero del dottor Galea, il giornalista si è dichiarato disposto a farle avere una copia della registrazione dell’intervista.
Nelle risposte tanto al giornalista di Sky come anche ad altri giornalisti, la portavoce ha comunque dovuto ammettere che le autorità cinesi non sono disposte a invitare l’OMS a partecipare alle indagini sulle origini del virus. Le autorità cinesi avrebbero collaborato fin dall’inizio con l’OMS fornendo un’informazione trasparente e puntuale. L’indagine sulle origini dell’epidemia sarebbe una questione prettamente scientifica, mentre la richiesta per un invito alla collaborazione nelle indagini sarebbe dettata non da interessi scientifici ma politici, per stigmatizzare e colpevolizzare la Cina. Per questo motivo la richiesta sarebbe stata respinta.
La signora Hua Chunying ha sottolineato la stretta collaborazione con l’OMS, ma allo stesso tempo ne ha delimitato chiaramente le competenze: l’OMS si dovrebbe interessare di problemi globali, alla soluzione dei quali la Cina sarebbe disposta a collaborare, ma viene esclusa la sua partecipazione a indagini sull’inizio dell’epidemia. In altri termini l’OMS dovrebbe interessarsi del resto del mondo, mentre gli affari cinesi sarebbero di esclusiva competenza cinese.
La chiusura alla richiesta dell’OMS è categorica: “Noi ci opponiamo a una cosiddetta indagine che è stata richiesta da politici in pochi paesi per calcoli politici basati sulla presunzione di colpa”.
Si tratta di una situazione imbarazzante per l’OMS che fin dall’inizio si è manifestata fiduciosa nella capacità del sistema sanitario cinese di contenere l’epidemia, ha prestato fede alle informazioni fornite da fonti ufficiali cinesi, sulle quali ha basato le sue raccomandazioni agli altri Stati. Ora, però, le viene negata la possibilità di partecipare alle indagini sulle origini di quella che nel frattempo è diventata una pandemia, con il pretesto che dietro la richiesta di un invito ci sarebbero interessi politici. Il buon senso direbbe però che, per dirimere ogni sospetto, la Cina avrebbe tutto l’interesse a dimostrare che non ha nulla da nascondere.
Informazioni dubbie?
Il bollettino dell’OMS del 12 gennaio riportava che secondo le autorità sanitarie cinesi, nell’ambito delle ricerche epidemiologiche relative ai primi 41 casi positivi al coronavirus, erano “stati identificati e seguiti 763 contatti stretti tra cui operatori sanitari e non sono stati identificati altri casi di infezione con il nuovo coronavirus”.
Appare strano che delle centinaia di contatti dei primi 41 casi di coronavirus nessuno sia stato contagiato, proprio immediatamente prima dello scoppio dell’epidemia.