Domenica 17 maggio 2020
In queste domeniche in cui si legge Giovanni, vale la pena di meditare su entrambi i testi romano e ambrosiano, si completano.
Rito ambrosiano
Giovanni 14, 25-29
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: «Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».
Commento
Ancora parole affettuose di Gesù ai discepoli. Tra parentesi, perché non leggete i capitoli 13-17 di Giovanni di fila, per far emergere l’atmosfera di profonda fraternità che Gesù genera con il dialogo svolto nell’ultima Cena? Scoprireste che “Cor ad cor loquitur”, Gesù dal suo cuore parla al nostro.
In questo passo ci concentriamo principalmente sui due doni che Gesù lascia ai discepoli. Il dono della Spirito e il dono della pace.
Sono strettamente intrecciati.
Chi possiede lo Spirito di Dio, e gli è docile, impara pian piano a vedere le vicende della vita con uno sguardo nuovo, lo sguardo dell’amore e del servizio. Colui che non ha paura di amare, non viene impaurito da nulla e vive nella pace. Di fronte ai problemi cerca una soluzione, mettendosi in gioco e accettando anche i sacrifici che l’amore vero richiede. Perciò stesso vive come persona riconciliata con se stessa e ha la pace del cuore. Riposa sul petto di Gesù come il giovane apostolo Giovanni.
Tra le tante preghiere che rivolgiamo al Signore, la prima dovrebbe essere sempre di saper aprire il cuore e la mente allo Spirito, perché ci aiuti a comprendere in che modo rinnovare quotidianamente la nostra vocazione all’amore e alla somiglianza con Gesù.
Questo atteggiamento diventa poi il fondamento della pace vera. Infatti, la pace di Gesù deriva da un cuore consegnato a Dio, dove si cerca solo ciò che piace a lui e che porta amore agli uomini. Può voler dire cacciarsi anche nelle complicazioni che la carità concreta richiede. Infatti, la concretezza dell’amore significa sporcarsi le mani, preoccuparsi per il bene degli altri, rompersi la testa per risolvere bene i problemi. Nulla a che fare con l’infradito e la bibita su una spiaggia delle Maldive, massima aspirazione di molti nostri contemporanei.
Rito romano
VI domenica di Pasqua
Giovanni 14, 15-21
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi.
Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.
Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
Commento
Comandamenti e amore stanno insieme e devono stare insieme. Questa associazione oggi è contestata da molti che pensano che l’amore sia come “uno zingarello che non conosce legge”.
Chi pensa così crede di affermare la propria libertà, mentre sta dicendo e facendo cose che sono tutte il contrario della libertà.
Pensate: secondo questo modo di pensare, l’amore, che è la realtà più importante della nostra vita, sarebbe qualcosa che sfugge alla nostra volontà e alla nostra decisione!
In questo caso la nostra libertà sarebbe del tutto vanificata, perché se nell’esperienza decisiva dell’amore per una persona con cui condividere la vita, non sono io che decido, ma uno spiritello che viene e che va, che libertà ho? La concezione che l’amore non ha legge è così poco vera, così poco intelligente e ciononostante così diffusa. Questo è uno degli aspetti di decadenza più gravi del nostro tempo.
In realtà l’amore vero è assetato di giustizia, di rispetto, direi di venerazione per l’altro. Vuole costruire un dono autentico e un “per sempre”, generatori di speranza e di fiducia.
I comandamenti di Gesù sono un dono, che impedisce al nostro cuore di smarrirsi nei vani ragionamenti dell’uomo vecchio, presente in ciascuno di noi.
Tali ragionamenti vani sono attizzati dal diabolus, che ci vuole separati da Gesù e dai fratelli e ci inganna, facendoci credere che Gesù ci chieda troppo.
Fermiamoci a pensare. Scopriremo che la legge dell’amore ci impedisce di perderci dietro ai vuoti cavilli dell’egoismo. Ma ancor di più la legge dell’amore dona noi a noi stessi, perché ci fa diventare persone che sanno amare, fratelli di tutti gli uomini.
Buona domenica a tutti
Don Michele Aramini