Domenica 21 giugno 2020
Rito ambrosiano
III Domenica dopo Pentecoste
Giovanni 3, 16-21
In quel tempo. Il Signore Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Commento
Su questo importante brano di Giovanni vi propongo tre brevi riflessioni.
Innanzitutto, nella sua missione di annuncio del vangelo, la Chiesa deve far conoscere che Dio è amore. La paura, che per tanto tempo, anche involontariamente è stata inculcata deve uscire dal rapporto con Dio e lo stesso dicasi dell’idea che Dio sia giudice spietato. Dio ha un solo desiderio: che tutti i suoi figli entrino nella sua vita. Il suo giudizio è un dono che ci aiuta a uscire dalla confusione che ci fa credere che bene male siano la stessa cosa.
In secondo luogo, noi abbiamo un bisogno assoluto di amore. Il nostro bisogno di amore è segno che siamo stati creati da un Dio che ama. Perciò siamo tutti alla ricerca di amore. Tale ricerca assume a volte forme tali che si ottiene delusione e sofferenza. Il motivo sta nel fatto che cerchiamo l’amore negli uomini, che sono fragili e volubili. E poi noi stessi siamo capaci di offrire solo un debole amore.
Allora a chi chiederemo amore vero? Il vangelo di oggi ci dice che solo Dio può riempire completamente il nostro bisogno. Nel far questo Egli ci rende protagonisti. Infatti ci manda tante persone che ci amano e ce le affida, perché possiamo amarle, così diventiamo noi stessi protagonisti dell’amore, e così l’amore sarà per noi un dono ricevuto e donato. Se noi rifiutassimo di diventare donatori sprecheremmo la nostra vita (ecco il giudizio: chi non ama spreca la vita e questa è la condanna che anticipa e realizza l’inferno).
Infine, possiamo farci anche qualche domanda. Perché non è venuto il Padre stesso? Perché ha mandato il Figlio?
Ci ha dato il Figlio perché solo in lui, che ama come è amato, vediamo la nostra identità di figli del Padre. Gesù, essendo Figlio, ha vissuto ciò che anche noi siamo chiamati a vivere: la “filialità” e la conseguente fraternità. Egli ci ama con lo stesso amore che il Padre ha per lui e ci assicura che il Padre ci ama come lui, con un amore che è prima della fondazione del mondo. Se così si può dire, Giovanni 3,16 è il versetto più bello del vangelo: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”.
Rito romano
XII domenica TO
Matteo 10,26-33
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «26Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. 27Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. 28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. 30Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. 31Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!
32Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».
Commento
In questo passo di Matteo si sviluppa l’ultima beatitudine, quella della persecuzione.
Gesù dice ai suoi discepoli, a noi, che non bisogna intimorirsi di fronte all’opposizione della società. Il messaggio del Vangelo non può essere nascosto ed è compito dei discepoli proclamarlo in ogni luogo.
Non c’è motivo di vivere nel timore, perché gli uomini possono sopprimere la vita fisica, il corpo, ma non la persona, l’io vivo, cosciente e libero.
Dio solo, che è il Creatore, è il solo che potrebbe distruggere le sue creature, ma non lo fa, anzi: Egli ha creato il mondo per la vita e gli uomini perché fossero suoi figli per sempre. Bisogna avere fiducia in Lui, il quale sa tutto ciò che ci accade ed è con noi anche nella sofferenza e nella morte.
Certo è che noi della morte abbiamo paura e l’idea di morire per la fede ci intimorisce ancora di più.
Però a pensarci bene, ciascuno di noi dovrebbe essere disposto a dare la vita per qualcuno o per qualcosa.
Pensiamo all’onestà della propria coscienza, o all’impegno per la giustizia. Ma pensiamo anche al genitore che annega per salvare suo figlio che annaspa in mare.
Ogni persona sa che esistono delle situazioni in cui la stessa vita fisica può essere messa in gioco.
La testimonianza della fede, l’attaccamento a Gesù è uno di questi valori, e per il cristiano quello supremo. Non saremo noi a cercare il pericolo, ma quando questo dovesse arrivare non lo temeremo. Ci è stato promesso da Gesù che lo Spirito ci insegnerà che cosa dovremo dire e fare.
Il versetto 29 può essere meglio tradotto. Infatti, non è la volontà di Dio a causarci i guai della vita. La traduzione corretta è che Dio sa quello che ci accade ed è con noi. È con noi quando una malattia ci prende, quando un incidente ci porta via, quando un violento ci uccide. Tutte queste cose non sono volontà di Dio ed egli ci accoglie proprio nel momento in cui ci sentiamo abbandonati. Non era volontà di Dio che cadesse il ponte di Genova. È volontà di Dio che ognuno faccia bene il suo dovere di servizio.
Gesù conclude che è necessario avere fiducia in Lui e nel Padre.
Sono gli atteggiamenti più essenziali, che però rischiano di essere marginali nella nostra fede.
Buona domenica
Don Michele Aramini