Lettera “Samaritanus bonus” della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita, 22.09.2020
Traduzione in lingua portoghese
Testo in lingua italiana
Congregazione per la Dottrina della Fede
Lettera
Samaritanus bonus
sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita
Introduzione
Il Buon Samaritano che lascia il suo cammino per soccorrere l’uomo ammalato (cfr. Lc 10, 30-37) è l’immagine di Gesù Cristo che incontra l’uomo bisognoso di salvezza e si prende cura delle sue ferite e del suo dolore con «l’olio della consolazione e il vino della speranza».[1] Egli è ilmedico delle anime e dei corpi e «il testimone fedele» (Ap 3, 14) della presenza salvifica di Dio nel mondo. Ma come rendere oggi questo messaggio concreto? Come tradurlo in una capacità di accompagnamento della persona malata nelle fasi terminali della vita in modo da assisterla rispettando e promuovendo sempre la sua inalienabile dignità umana, la sua chiamata alla santità e, dunque, il valore supremo della sua stessa esistenza?
Lo straordinario e progressivo sviluppo delle tecnologie biomediche ha accresciuto in maniera esponenziale le capacità cliniche della medicina nella diagnostica, nella terapia e nella cura dei pazienti. La Chiesa guarda con speranza alla ricerca scientifica e tecnologica, e vede in esse una favorevole opportunità di servizio al bene integrale della vita e della dignità di ogni essere umano.[2] Tuttavia, questi progressi della tecnologia medica, benché preziosi, non sono di per sé determinanti per qualificare il senso proprio ed il valore della vita umana. Infatti, ogni progresso nelle abilità degli operatori sanitari richiede una crescente e sapiente capacità di discernimento morale[3] per evitare un utilizzo sproporzionato e disumanizzante delle tecnologie, soprattutto nelle fasi critiche o terminali della vita umana.
Inoltre, la gestione organizzativa e l’elevata articolazione e complessità dei sistemi sanitari contemporanei possono ridurre la relazione di fiducia tra medico e paziente ad un rapporto meramente tecnico e contrattuale, un rischio che incombe soprattutto nei Paesi dove si stanno approvando leggi che legittimano forme di suicidio assistito ed eutanasia volontaria dei malati più vulnerabili. Esse negano i confini etici e giuridici dell’autodeterminazione del soggetto malato, oscurando in maniera preoccupante il valore della vita umana nella malattia, il senso della sofferenza e il significato del tempo che precede la morte. Il dolore e la morte, infatti, non possono essere i criteri ultimi che misurano la dignità umana, la quale è propria di ogni persona, per il solo fatto che è un “essere umano”.
Dinnanzi a tali sfide, capaci di mettere in gioco il nostro modo di pensare la medicina, il significato della cura della persona malata e la responsabilità sociale nei confronti dei più vulnerabili, il presente documento intende illuminare i pastori e i fedeli nelle loro preoccupazioni e nei loro dubbi circa l’assistenza medica, spirituale e pastorale dovuta ai malati nelle fasi critiche e terminali della vita. Tutti sono chiamati a dare testimonianza accanto al malato e diventare “comunità sanante” perché il desiderio di Gesù, che tutti siano una sola carne, a partire dai più deboli e vulnerabili, si attui concretamente.[4] Si percepisce ovunque, infatti, il bisogno di un chiarimento morale e di indirizzo pratico su come assistere queste persone, giacché «è necessaria una unità di dottrina e di prassi»[5] rispetto ad un tema così delicato, che riguarda i malati più deboli negli stadi maggiormente delicati e decisivi della vita di una persona.
Diverse Conferenze Episcopali nel mondo hanno pubblicato documenti e lettere pastorali, con le quali hanno cercato di dare una risposta alle sfide poste dal suicidio assistito e dall’eutanasia volontaria ‒ legittimati da alcune normative nazionali ‒ con particolare riferimento a quanti lavorano o sono ricoverati all’interno delle strutture ospedaliere, anche cattoliche. Ma l’assistenza spirituale e i dubbi emergenti, in determinate circostanze e particolari contesti, circa la celebrazione dei Sacramenti per coloro che intendono porre fine alla propria vita, richiedono oggi un intervento più chiaro e puntuale da parte della Chiesa, al fine di:
‒ ribadire il messaggio del Vangelo e le sue espressioni come fondamenti dottrinali proposti dal Magistero, richiamando la missione di quanti sono a contatto con i malati nelle fasi critiche e terminali (i familiari o i tutori legali, i cappellani ospedalieri, i ministri straordinari dell’Eucaristia e gli operatori pastorali, i volontari ospedalieri e il personale sanitario), oltre che dei malati stessi;
‒ fornire orientamenti pastorali precisi e concreti, affinché a livello locale si possa affrontare e gestire queste complesse situazioni per favorire l’incontro personale del paziente con l’Amore misericordioso di Dio.
…
Conclusione
Il mistero della Redenzione dell’uomo è in modo sorprendente radicato nel coinvolgimento amorevole di Dio con la sofferenza umana. Ecco perché possiamo fidarci di Dio e trasmettere questa certezza nella fede all’uomo sofferente e spaventato dal dolore e dalla morte.
La testimonianza cristiana mostra come la speranza sia sempre possibile, anche all’interno della cultura dello scarto. «L’eloquenza della parabola del Buon Samaritano, come anche di tutto il Vangelo, è in particolare questa: l’uomo deve sentirsi come chiamato in prima persona a testimoniare l’amore nella sofferenza».[96]
La Chiesa impara dal Buon Samaritano la cura del malato terminale e obbedisce così al comandamento connesso al dono della vita: «rispetta, difendi, ama e servi la vita, ogni vita umana!».[97] Il vangelo della vita è un vangelo della compassione e della misericordia indirizzato all’uomo concreto, debole e peccatore, per sollevarlo, mantenerlo nella vita di grazia e, se possibile, guarirlo da ogni possibile ferita.
Non basta, tuttavia, condividere il dolore, bisogna immergersi nei frutti del Mistero Pasquale di Cristo per vincere il peccato e il male, con la volontà di «rimuovere la miseria altrui come si trattasse della propria».[98] La miseria più grande consiste, però, nella mancanza di speranza davanti alla morte. Questa è la speranza annunciata dalla testimonianza cristiana, la quale, per essere efficace, deve essere vissuta nella fede, coinvolgendo tutti, familiari, infermieri, medici, e la pastorale delle diocesi e dei centri ospedalieri cattolici, chiamati a vivere con fedeltà il dovere d’accompagnamento dei malati in tutte le fasi della malattia, e in particolare nelle fasi critiche e terminali della vita, così come definito nel presente documento.
Il Buon Samaritano, che pone al centro del suo cuore il volto del fratello in difficoltà, sa vedere il suo bisogno, gli offre tutto il bene necessario per sollevarlo dalla ferita della desolazione e apre nel suo cuore luminose feritoie di speranza.
Il “volere il bene” del Samaritano, che si fa prossimo dell’uomo ferito non a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità (cfr. 1 Gv 3, 18), prende la forma di cura, sull’esempio di Cristo il quale passò beneficando e sanando tutti (cfr. At 10, 38).
Guariti da Gesù, diveniamo uomini e donne chiamati ad annunciare la sua potenza sanante, ad amare e a prenderci cura del prossimo come Lui ci ha testimoniato.
Questa vocazione all’amore e alla cura per l’altro,[99] che porta con sé guadagni di eternità, è resa esplicita dal Signore della vita nella parafrasi del giudizio finale: ricevete in eredità il regno, perché ero malato e mi avete visitato. Quando mai, Signore? Tutte le volte che avete fatto questo a un vostro fratello più piccolo, a un vostro fratello sofferente, lo avete fatto a me (cfr. Mt 25, 31-46).
Il Sommo Pontefice Francesco, in data 25 giugno 2020, ha approvato questa Lettera, decisa nella Sessione Plenaria di questa Congregazione il 29 gennaio 2020, e ne ha ordinato la pubblicazione.
Dato a Roma, dalla sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 14 luglio 2020, memoria liturgica di san Camillo de Lellis.
Luis F. Card. LADARIA, S.I.
Prefetto
X Giacomo MORANDI
Arcivescovo Titolare di Cerveteri
Segretario