Message of Mgr. Marian Eleganti, Ecclesiastical Assistant of the World Federation of Catholic Medical Associations, in English, Italian, Spanish, Portugees, French and German.
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Peace without God is not possible
“I fear God!” Joseph of Egypt once said in a story from the Holy Scriptures. After an eventful life as a Hebrew sold into slavery by his brothers, he had risen to become viceroy of Egypt (Gen 42:18). With these words, he expressed that he did not want to do anything that he could not justify before the Most High. Inspired by this attitude, St. Thomas More, Lord Chancellor of Henry VIII of England, said to the crowd present at his execution: “I die the king’s good servant, but God’s first.” History, past and the present, shows in a tragic way what happens when the awareness of responsibility before God is lost. Then everything and everyone is subjected to a ruthless politics of interests and power without an inner commitment to truth and justice. Conflicts are carried out violently, even bloodily, both on a large and small scale. The state, conceived as a form of existence of institutionalized justice, becomes the instrument of “a well-organized band of robbers”, as Augustine saw it. Divinely accorded human rights cannot be enforced by politics or coercion, but only if the conscience voluntarily binds itself to justice and truth. In doing so, conscience does not depend on abstract values, but on revealed Truth and God-given reason. “The fruit of righteousness will be peace,” proclaims the prophet Isaiah (32:17). Peace begins within and requires self-conquest. Jesus not only reminds us of the commandment “Thou shalt not kill!”, he also does not want us to be angry with our neighbor (or ourselves), lest we be carried away by anger and revenge. “Everyone who is even angry with his brother shall be liable to judgment.” (Mt 5:22). Jesus requires us to love our enemies: “Love your enemies and pray for those who persecute you, so that you may become sons of your Father in heaven.” (Mt 5:44-45). In this sense, we are all responsible for peace, each and every one of us, wherever we stand. In the public sphere, peace, as we have said, is a fruit of justice and is synonymous with the “tranquility of order” (Augustine, De civ. Dei 19, 13). Jesus Christ is the “Prince of Peace” (Is 9:5), who gives us a peace that surpasses all understanding (Phil 4:7). He gives a peace that the world cannot give (John 14:27). He calls those who make peace blessed, for they will be called sons of God (Mt 5:9). In his letter to the government of Bern in 1482, the Swiss hermit and ascetic, Niklaus von Flüe, himself a peacemaker, wrote the famous words: “Peace is always in God, for God is peace; in peace there can be no destruction, but in discord there is destruction. Therefore you should see to it that peace is your foundation.” He could say of himself: “I have never departed from the righteousness of God.” Beyond the social dimension, peace is based in one’s own heart, as Meister Eckhart, a German theologian and mystic, says: “As much you are in God as you are in peace, and as much outside God as you are outside peace”; “if something is in God, it has peace, so much in God, so much in peace. How much you are in God, as well as whether it is not so, you can tell by whether you have peace or discord.” But according to Meister Eckhart, where there is discord and strife, there is self-will and stubbornness. In other words: egoism, self-importance and the absolutization of one’s own interests. The spiritual program is therefore: “Seek peace and pursue it!” (Rule of St. Benedict)
Man is not here to live for himself but is called by God to place himself at the service of something greater and lasting. For: “What does it profit a man if he gains the whole world, but forfeits his life or loses his soul?” Mt 16:26 Brother Klaus advised a young man: “If you want to serve God, you don’t have to worry about anyone.” So, we must do what benefits us for eternity, not what benefits us in this world.
Above all, we must not constantly think of ourselves. Jesus is a wounded healer. It is impossible for us to get through life without being wounded by injustice and unkindness. But we ourselves also wound love and justice. This is another reason why we have no peace. The answer to our wounds is not revenge, hatred or bitterness, but love and forgiveness. The fruit of forgiveness, however, will be peace. Christianity has a divine, humanizing and reconciling power. Let’s get serious about our Christianity!
“It is not life that is difficult, but love. The love that is exercised to its full extent, this religion of salvation – I mean the truly Christian love, not that frivolous sympathy, the well-behaved tenderness of heart or innate humanity, no, the real self-forgetfulness to the core – the pure self-giving in the spirit, with which one searches for the friend in the enemy until he becomes one. This difficult love – that is the brave, the true love.” (Antoine de Saint-Exupéry).
Mgr. Marian Eleganti, Ecclesiastical Assistant of the World Federation of Catholic Medical Associations
Senza Dio la pace non è possibile
“Io temo Dio!”, disse l’egiziano Giuseppe in un racconto delle Sacre Scritture. Dopo una vita movimentata come ebreo venduto come schiavo dai suoi fratelli, era diventato viceré d’Egitto (Gen 42,18). Con queste parole affermava di non voler fare nulla che non potesse giustificare davanti all’Altissimo. Ispirato da questo atteggiamento, san Tommaso Moro, Lord Cancelliere di Enrico VIII d’Inghilterra, disse alla folla presente alla sua esecuzione: “Io sono un servo fedele del re, ma prima di tutto un servo di Dio”. La storia e il presente mostrano in modo evidente cosa accade quando si perde la consapevolezza di essere responsabili di fronte a Dio. Allora tutto e tutti sono sottomessi a una spietata politica di interessi e di potere, senza tener conto né della verità né della giustizia. I conflitti si svolgono in modo violento, persino sanguinoso, su grande e piccola scala. Lo Stato, concepito come forma istituzionalizzata della giustizia, diventa lo strumento di “una banda di ladri ben organizzata”, come notava sant’Agostino. I diritti divini non possono essere fatti valere con la politica o con la forza, ma la coscienza deve orientarsi volontariamente al senso di giustizia e all’amore per la verità. In questo modo, non si hanno come riferimento valori astratti, ma Dio stesso e si decide della propria salvezza eterna. “Effetto della giustizia sarà la pace”, proclama il profeta Isaia (32:17). La pace inizia interiormente e richiede il superamento di se stessi. Gesù non solo ci ricorda il comandamento “Non uccidere!”, ma vuole anche che non ci arrabbiamo nemmeno con il nostro prossimo, e tanto meno che ci lasciamo trascinare dall’ira e dalla vendetta. “Chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto al giudizio”. (Mt 5,22). Gesù ci chiede di amare i nostri nemici: “Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste”. (Mt 5,44-45). In questo senso, siamo tutti, ognuno di noi, responsabili della pace ovunque ci troviamo. Nella sfera pubblica, la pace è, come ho detto, un frutto della giustizia e sinonimo di “tranquillità dell’ordine” (Sant’Agostino, De civ. Dei 19,13). Gesù Cristo è il “Principe della pace” (Is 9,5), che ci dà una pace che supera ogni intelligenza (Fil 4,7). Egli dà una pace che il mondo non può dare (Gv 14,27). Egli chiama beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9). Nella sua lettera al governo di Berna del 1482, Niklaus von Flüe, egli stesso operatore di pace, scrisse le famose parole: “La pace è sempre in Dio, perché Dio è pace; nella pace non può esserci distruzione, ma nella discordia c’è distruzione. Perciò dovreste sforzarvi di fare la pace”. Egli poteva dire di sé: “Non mi sono mai allontanato dalla giustizia di Dio”. Al di là della dimensione sociale, la pace si basa sul proprio cuore, come dice Meister Eckhart: “Quanto sei in Dio, tanto sei in pace, e quanto sei fuori da Dio, tanto sei fuori dalla pace”; “se qualcosa è in Dio, ha la pace, quanto è in Dio, tanto è in pace. Quanto sei in Dio, o non lo sei, riconoscilo dal fatto sei hai pace o discordia”. (Idem) Ma dove ci sono discordia e conflitto, ci sono, secondo Meister Eckhart, ostinazione e testardaggine. In altre parole: egoismo, presunzione e assolutizzazione dei propri interessi. Il programma spirituale è quindi: “Cerca la pace e perseguila!”. (Regola di San Benedetto)
L’uomo non è fatto per vivere per se stesso, ma è chiamato da Dio a mettersi al servizio di qualcosa di più grande e duraturo: “Quale vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?”. Mt 16,26. Niklaus von Flüe consigliò a un giovane: “Se vuoi servire Dio, non devi preoccuparti di nessuno”. Dobbiamo quindi fare ciò che ci giova per l’eternità, non ciò che ci porta vantaggi in questo mondo.
Soprattutto, non dobbiamo pensare costantemente a noi stessi. Gesù è un guaritore di ferite. È impossibile durante la nostra vita non essere feriti dall’ingiustizia e dalla crudeltà. Ma anche noi stessi feriamo amore e giustizia. Anche per questo non abbiamo pace. Le risposte alle nostre ferite non sono la vendetta, l’odio o l’amarezza, ma l’amore e il perdono. Il frutto del perdono, però, sarà la pace. Il cristianesimo ha un potere divino, umanizzante e riconciliante. Prendiamo sul serio il nostro cristianesimo!
“Non è la vita che è difficile, ma l’amore. L’amore che si realizza fino in fondo, questa religione della salvezza – intendo l’amore veramente cristiano, non quella frivola simpatia, la ben educata cordialità o l’innata umanità, no, la vera abnegazione di sé fino in fondo – il puro dono di sé nello spirito, con cui si cerca l’amico nel nemico fino a quando non lo diventa. Questo amore difficile – questo è l’amore coraggioso e vero “. (Antoine de Saint-Exupéry).
Mons. Marian Eleganti, assistente ecclesiastico della Federazione Mondiale delle Associazioni Mediche Cattoliche
La paz sin Dios no es posible
“¡Temo a Dios!”, dijo el egipcio José en un relato de las Sagradas Escrituras. Tras una azarosa vida como hebreo vendido como esclavo por sus hermanos, había ascendido hasta convertirse en virrey de Egipto (Gn 42,18). Con estas palabras expresaba que no quería hacer nada que no pudiera justificar ante el Altísimo. Inspirado por esta actitud, Santo Tomás Moro, Lord Canciller de Enrique VIII de Inglaterra, dijo a la multitud presente en su ejecución: “Soy el fiel servidor del rey, pero primero el servidor de Dios”.
La historia y el presente muestran de manera drástica lo que sucede cuando se pierde la conciencia de la responsabilidad ante Dios. Entonces todo y todos quedan sometidos a una despiadada política de intereses y de poder, sin un compromiso interior con la verdad y la justicia. Los conflictos se llevan a cabo de forma violenta, incluso sangrienta, a gran y pequeña escala. El Estado, concebido como una forma de existencia de la justicia institucionalizada, se convierte en el instrumento de “una banda de ladrones bien organizada”, como lo veía Agustín.
Los derechos divinos no pueden imponerse políticamente o por la fuerza, sino sólo si la conciencia se vincula voluntariamente a la justicia y a la verdad. Al hacerlo, no se relaciona con valores abstractos, sino con Dios mismo y decide sobre su salvación eterna. “El fruto de la justicia será la paz”, proclama el profeta Isaías (32:17). La paz empieza en el interior y exige la conquista de uno mismo. Jesús no sólo nos recuerda el mandamiento “No matarás”, sino que quiere que ni siquiera nos enfademos con nuestro prójimo, y mucho menos nos dejemos llevar por la ira y la venganza. “Todo el que se enoje incluso con su hermano será reo de juicio”. (Mt 5,22).
Jesús nos pide que amemos a nuestros enemigos: “Amad a vuestros enemigos y orad por los que os persiguen, para que lleguéis a ser hijos de vuestro Padre que está en los cielos.” (Mt 5,44-45). En este sentido, todos somos responsables de la paz, todos y cada uno de nosotros, dondequiera que estemos. En el ámbito público, la paz es, como he dicho, fruto de la justicia y sinónimo de la “tranquilidad del orden” (San Agustín, De civ. Dei 19, 13).
Jesucristo es el “Príncipe de la paz” (Is 9, 5), que nos da una paz que sobrepasa todo entendimiento (Flp 4, 7). Él da una paz que el mundo no puede dar (Jn 14,27). Llama bienaventurados a los que hacen la paz, porque serán llamados hijos de Dios (Mt 5,9). En su carta al gobierno de Berna en 1482, Niklaus von Flüe, él mismo un pacificador, escribió las famosas palabras: “La paz está siempre en Dios, porque Dios es paz; en la paz no puede haber destrucción, pero en la discordia hay destrucción. Por eso debes esforzarte por hacer la paz”. Podía decir de sí mismo: “Nunca me he apartado de la justicia de Dios”.
Más allá de la dimensión social, la paz se fundamenta en el propio corazón, como dice Meister Eckhart: “Cuanto estás en Dios, tanto estás en paz, y cuanto fuera de Dios estás fuera de la paz”; “si algo está en Dios, tiene paz, cuanto en Dios, tanto en paz. Cuanto está en Dios, así como si no lo está, puede reconocerse por si tiene paz o discordia”. (Ders.) Pero donde hay discordia y lucha, hay, según Meister Eckhart, voluntad propia y obstinación. En otras palabras: egoísmo, prepotencia y absolutización de los propios intereses. El programa espiritual es, por tanto: “¡Busca la paz y persíguela!”. (Regla de San Benito)
El hombre no está ahí para vivir para sí mismo, sino que está llamado por Dios a ponerse al servicio de algo más grande y duradero. Porque: “¿De qué le sirve al hombre ganar el mundo entero si pierde su vida o su alma?”. Mt 16,26: El Hermano Klaus aconsejó a un joven: “Si quieres servir a Dios, no tienes que preocuparte por nadie”. Así pues, debemos hacer lo que nos beneficie para la eternidad, no lo que nos reporte ventajas en este mundo.
Sobre todo, no debemos pensar constantemente en nosotros mismos. Jesús es un sanador de heridos. Es imposible que pasemos por la vida sin ser heridos por la injusticia y la falta de bondad. Pero también nosotros mismos herimos el amor y la justicia. Esta es otra razón por la que no tenemos paz. La respuesta a nuestras heridas no es la venganza, el odio o la amargura, sino el amor y el perdón. El fruto del perdón, sin embargo, será la paz. El cristianismo tiene un poder divino, humanizador y reconciliador. ¡Tomemos en serio nuestro cristianismo!
“Lo difícil no es la vida, sino el amor. El amor que se ejerce en toda su extensión, esta religión de salvación -me refiero al amor verdaderamente cristiano, no a esa frívola simpatía, a la bien llevada ternura del corazón o a la humanidad innata, no, al verdadero olvido de sí mismo hasta la médula-, a la pura entrega en el espíritu, con la que se busca al amigo en el enemigo hasta convertirlo en uno. Este difícil amor – ese es el valiente, el verdadero amor”. (Antoine de Saint-Exupéry).
Mgr. Marian Eleganti, asistente eclesiástico de la Federación Mundial de Asociaciones Médicas Católicas
A paz sem Deus não é possível
“Eu temo a Deus!” disse um dia José do Egipto, numa história da Sagrada Escritura. Depois de uma vida atribulada como hebreu vendido como escravo pelos seus irmãos, tinha chegado a vice-rei do Egipto (Gn 42,18). Com estas palavras, exprimiu que não queria fazer nada que não pudesse justificar perante o Altíssimo. Inspirado por esta atitude, S. Tomás More, Lorde Chanceler de Henrique VIII de Inglaterra, disse à multidão presente na sua execução “Morro como bom servo do rei, mas primeiro de Deus”. A história, passada e presente, mostra de forma trágica o que acontece quando se perde a consciência da responsabilidade perante Deus. Então tudo e todos são submetidos a uma política implacável de interesses e de poder, sem um compromisso interior com a verdade e a justiça. Os conflitos são travados de forma violenta e até sangrenta, tanto em grande como em pequena escala. O Estado, concebido como forma de existência de uma justiça institucionalizada, torna-se o instrumento de “um bando bem organizado de salteadores”, como o viu Agostinho. Os direitos humanos divinamente concedidos não podem ser impostos pela política ou pela coerção, mas apenas se a consciência se ligar voluntariamente à justiça e à verdade. Ao fazê-lo, a consciência não depende de valores abstractos, mas da Verdade revelada e da razão dada por Deus. “O fruto da justiça será a paz”, proclama o profeta Isaías (32,17). A paz começa no interior e exige a conquista de si próprio. Jesus não só nos recorda o mandamento “Não matarás!”, como também não quer que nos zanguemos com o nosso próximo (ou connosco), para não nos deixarmos levar pela ira e pela vingança. “Todo aquele que se irar contra o seu irmão será passível de julgamento”. (Mt 5,22). Jesus exige que amemos os nossos inimigos: “Amai os vossos inimigos e orai por aqueles que vos perseguem, para que vos torneis filhos do vosso Pai que está nos céus.” (Mt 5,44-45). Neste sentido, somos todos responsáveis pela paz, cada um de nós, onde quer que estejamos. No âmbito público, a paz, como já dissemos, é fruto da justiça e é sinónimo de “tranquilidade da ordem” (Agostinho, De civ. Dei 19, 13). Jesus Cristo é o “Príncipe da Paz” (Is 9,5), que nos dá uma paz que ultrapassa todo o entendimento (Fil 4,7). Ele dá uma paz que o mundo não pode dar (Jo 14,27). Ele chama bem-aventurados aos que fazem a paz, porque serão chamados filhos de Deus (Mt 5,9). Na sua carta ao governo de Berna, em 1482, o eremita e asceta suíço Niklaus von Flüe, ele próprio um pacificador, escreveu as famosas palavras “A paz está sempre em Deus, porque Deus é paz; na paz não pode haver destruição, mas na discórdia há destruição. Por isso, deveis fazer com que a paz seja o vosso fundamento”. Ele poderia dizer de si mesmo: “Nunca me afastei da justiça de Deus”. Para além da dimensão social, a paz assenta no próprio coração, como diz Meister Eckhart, teólogo e místico alemão: “Tanto estás em Deus como estás em paz, e tanto estás fora de Deus como estás fora da paz”; “se algo está em Deus, tem paz, tanto está em Deus, tanto está em paz. O quanto estás em Deus, bem como se não estás, podes dizer se tens paz ou discórdia.” Mas, segundo Meister Eckhart, onde há discórdia e luta, há vontade própria e teimosia. Por outras palavras: egoísmo, auto-importância e absolutização dos próprios interesses. O programa espiritual é, portanto: “Procurai a paz e persegui-a!” (Regra de São Bento)
O homem não está aqui para viver para si próprio, mas é chamado por Deus a colocar-se ao serviço de algo maior e duradouro. Pois: “Que aproveita ao homem ganhar o mundo inteiro, mas perder a sua vida ou perder a sua alma?” Mt 16,26 O irmão Klaus aconselhou um jovem: “Se queres servir a Deus, não tens de te preocupar com ninguém”. Assim, devemos fazer o que nos beneficia para a eternidade, não o que nos beneficia neste mundo.
Acima de tudo, não devemos pensar constantemente em nós próprios. Jesus é um curador de feridos. É impossível passarmos pela vida sem sermos feridos pela injustiça e pela indelicadeza. Mas nós próprios também ferimos o amor e a justiça. Esta é outra razão pela qual não temos paz. A resposta às nossas feridas não é a vingança, o ódio ou a amargura, mas o amor e o perdão. O fruto do perdão, porém, será a paz. O cristianismo tem uma força divina, humanizadora e reconciliadora. Levemos a sério o nosso cristianismo!
“Não é a vida que é difícil, mas o amor. O amor que é exercido em toda a sua extensão, esta religião de salvação – refiro-me ao amor verdadeiramente cristão, não aquela simpatia frívola, a ternura bem comportada do coração ou a humanidade inata, não, o verdadeiro esquecimento de si mesmo até ao âmago – a pura doação no espírito, com a qual se procura o amigo no inimigo até que ele se torne um. Esse amor difícil – esse é o amor corajoso, o verdadeiro amor”. (Antoine de Saint-Exupéry).
Monsenhor Marian Eleganti, Assistente Eclesiástico da Federação Mundial das Associações Médicas Católicas
La paix sans Dieu n’est pas possible
“Je crains Dieu !”, c’est ainsi que s’exprimait autrefois Joseph l’Égyptien dans un récit de l’Écriture. Après une vie mouvementée d’Hébreu vendu en esclavage par ses frères, il était devenu vice-roi d’Égypte (Gn 42,18). Par ces mots, il exprimait qu’il ne voulait rien faire dont il ne puisse répondre devant le Très-Haut. Animé par cette attitude, le saint lord-chancelier d’Henri VIII d’Angleterre Thomas Morus a dit à la foule présente lors de son exécution : “Je suis le fidèle serviteur du roi, mais d’abord le serviteur de Dieu”. L’histoire et l’actualité montrent de manière drastique ce qui se passe lorsque la conscience de la responsabilité devant Dieu se perd. Tout et tout le monde est alors soumis à une politique d’intérêts et de pouvoir impitoyable, sans lien intérieur avec la vérité et la justice. Les conflits sont réglés de manière violente, voire sanglante, dans les grandes comme dans les petites choses. L’État, conçu comme une forme d’existence de justice institutionnalisée, devient l’instrument “d’une bande de brigands bien organisée”, comme l’a vu Augustin. Les droits divins ne peuvent pas être imposés politiquement ou par la force, mais seulement par le fait que la conscience se lie volontairement à la justice et à la vérité. Ce faisant, elle ne se rapporte pas à des valeurs abstraites, mais à Dieu lui-même et décide de son salut éternel. “Le fruit de la justice sera la paix”, s’exclame le prophète Isaïe (32,17). La paix commence à l’intérieur et exige un dépassement de soi. Jésus ne nous rappelle pas seulement le commandement “Tu ne tueras pas !”, mais il veut que nous ne nous mettions même pas en colère contre notre prochain, et encore moins que nous nous laissions emporter par la colère et la vengeance. “Quiconque se met même en colère contre son frère sera passible du jugement”. (Mt 5,22). Jésus nous demande d’aimer nos ennemis : “Aimez vos ennemis et priez pour ceux qui vous persécutent, afin de devenir les fils de votre Père qui est aux cieux”. (Mt 5, 44-45). En ce sens, nous sommes tous, chacun, responsables de la paix, là où chacun de nous se trouve. Dans le domaine public, la paix est, comme nous l’avons dit, un fruit de la justice et équivaut à la “tranquillité de l’ordre” (Saint Augustin, De civ. Dei 19, 13). Jésus-Christ est le “prince de la paix” (Is 9,5), qui nous donne une paix qui dépasse toute connaissance (Ph 4,7). Il donne une paix que le monde ne peut pas donner (Jn 14,27). Il proclame bienheureux ceux qui font la paix, car ils seront appelés fils de Dieu (Mt 5,9). Dans sa lettre au gouvernement de Berne en 1482, Nicolas de Flüe, lui-même artisan de paix, a écrit ces mots célèbres : “La paix est toujours en Dieu, car Dieu est la paix ; dans la paix, on ne peut détruire, mais dans la discorde, on détruit. C’est pourquoi vous devez veiller à placer la paix”. Il pouvait dire de lui-même : “Je ne me suis jamais écarté de la justice de Dieu”. Au-delà de la dimension sociale, la paix se fonde dans son propre cœur, comme le dit Maître Eckhart : “Autant tu es en Dieu, autant tu es en paix, et autant tu es hors de Dieu, autant tu es hors de la paix” ; “Si quelque chose est en Dieu, il a la paix, autant en Dieu, autant en paix. Combien tu es en Dieu, et même s’il n’en est pas ainsi, reconnais-le à ce que tu as la paix ou la discorde”. (Ders.) Mais selon Maître Eckhart, là où il y a le manque de paix et la dispute, il y a la volonté propre et l’obstination. En d’autres termes, l’égoïsme, l’autoritarisme et l’absolutisation des intérêts personnels. Le programme spirituel est donc le suivant : “Recherche la paix et poursuis-la”. (Règle de saint Benoît)
L’homme n’est pas là pour vivre pour lui-même, mais il est appelé par Dieu à se mettre au service de quelque chose de plus grand et de permanent. Car : “Que sert-il à l’homme de gagner le monde entier, s’il y perd sa vie ou y perd son âme ?” Mt 16,26. Frère Nicolas a conseillé à un jeune homme : “Si tu veux servir Dieu, tu ne dois t’occuper de personne”. Nous devons donc faire ce qui nous est utile pour l’éternité, et non ce qui nous avantage dans ce monde.
Avant tout, nous ne devons pas penser constamment à nous-mêmes. Jésus est un guérisseur blessé. Il est impossible que nous traversions la vie sans être blessés par l’injustice et le manque d’amour. Mais nous aussi, nous blessons l’amour et la justice. C’est aussi pour cela que nous ne sommes pas en paix. La réponse à nos blessures n’est pas la vengeance, la haine ou l’amertume, mais l’amour et le pardon. Or, le fruit du pardon sera la paix. Le christianisme a une force divine, humanisante et réconciliatrice. Soyons sérieux dans notre christianisme !
“Ce n’est pas la vie qui est difficile, mais l’amour. L’amour qui s’exerce dans toute son ampleur, cette religion du salut – je veux dire l’amour véritablement chrétien, non pas cette sympathie légère, cette brave tendresse du cœur ou cette humanité innée, non, l’oubli de soi-même vraiment jusqu’au sang – le pur don de soi dans l’esprit, avec lequel on cherche l’ami dans l’ennemi jusqu’à ce qu’il le devienne. Cet amour difficile – c’est l’amour courageux, le véritable amour”. (Antoine de Saint-Exupéry).
Mgr. Marian Eleganti, assistant ecclésiastique de la Fédération Mondiale des Associations Médicales Catholiques
Friede ohne Gott ist nicht möglich
«Ich fürchte Gott!» so sprach einst der ägyptische Josef in einer Erzählung der hl. Schrift. Nach einem bewegten Leben als ein von seinen Brüdern in die Sklaverei verkaufter Hebräer war er zum Vizekönig Ägyptens aufgestiegen (Gen 42,18). Mit diesen Worten brachte er zum Ausdruck, dass er nichts tun wollte, was er nicht vor dem Allerhöchsten verantworten könne. Von dieser Haltung beseelt, sagte der hl. Lordkanzler Heinrich’s VIII. von England Thomas Morus zu der Volksmenge, die bei seiner Hinrichtung anwesend war: «Ich bin des Königs treuer Diener, aber zuerst Diener Gottes.» Geschichte und Gegenwart zeigen auf drastische Weise, was passiert, wenn das Bewusstsein der Verantwortung vor Gott verloren gehen. Dann wird alles und jedes einer rücksichtlosen Interessens- und Machtpolitik unterworfen ohne die innere Bindung an Wahrheit und Gerechtigkeit. Konflikte werden gewalttätig, ja blutig ausgetragen im Grossen wie im Kleinen. Der Staat, gedacht als Existenzform institutionalisierter Gerechtigkeit wird zum Instrument «einer gut organisierten Räuberbande», wie Augustinus gesehen hat. Göttliche Rechte können nicht politisch oder mit Gewalt durchgesetzt werden, sondern nur, indem das Gewissen sich freiwillig an Gerechtigkeit und Wahrheit bindet. Dabei verhält es sich nicht zu abstrakten Werten, sondern zu Gott selbst und entscheidet über sein ewiges Heil. «Die Frucht der Gerechtigkeit wird der Friede sein», ruft der Prophet Jesaja (32,17). Friede beginnt im Inneren und verlangt Selbstüberwindung. Jesus erinnert uns nicht nur an das Gebot «Du sollst nicht töten!» sondern er will, dass wir nicht einmal unserem nächsten zürnen, geschweige uns von Zorn und Rache hinreissen lassen. «Jeder, der seinem Bruder auch nur zürnt, soll dem Gericht verfallen sein.» (Mt 5,22). Jesus verlangt von uns die Feindesliebe: «Liebt eure Feinde und betet für die, die euch verfolgen, damit ihr Söhne eures Vaters im Himmel werdet.» (Mt 5, 44–45). In diesem Sinn sind wir alle, jeder einzelne, für den Frieden verantwortlich, dort, wo jeder von uns steht. Im öffentlichen Bereich ist Frieden, wie gesagt, eine Frucht der Gerechtigkeit und gleichbedeutend mit der «Ruhe der Ordnung» (Augustinus, De civ. Dei 19, 13). Jesus Christus ist der «Friedensfürst» (Jes 9,5), der uns einen Frieden gibt, der alle Erkenntnis (Phil 4,7) übersteigt. Er gibt einen Frieden, den die Welt nicht geben kann (Joh 14,27). Er preist jene selig, die Frieden stiften, denn sie werden Söhne Gottes genannt werden (Mt 5,9). In seinem Brief an die Regierung von Bern im Jahre 1482 hat Niklaus von Flüe, selbst ein Friedensstifter, die berühmten Worte geschrieben: „Friede ist allweg in Gott, denn Gott ist der Friede; im Frieden kann nicht zerstört werden, im Unfrieden aber wird zerstört. Darum sollt Ihr schauen, dass Ihr auf Frieden stellet.“ Von sich konnte er sagen: «Niemals bin ich von der Gerechtigkeit Gottes abgewichen.» Über die soziale Dimension hinaus gründet der Frieden im eigenen Herzen, wie Meister Eckhart sagt: «So viel bist du in Gott, so viel du in Frieden bist, und so viel ausser Gott, wie du ausser Frieden bist»; «ist etwas in Gott, so hat es Frieden, so viel in Gott, so viel in Frieden. Wieviel du in Gott bist, wie auch, ob dem nicht so sei, das erkenne daran, ob du Frieden oder Unfrieden hast.» (Ders.) Wo aber Unfriede ist und Streit, da ist nach Meister Eckhart Eigenwille und Eigensinn. Mit anderen Worten: Egoismus, Selbstherrlichkeit und die Verabsolutierung eigener Interessen. Das spirituelle Programm lautet deshalb: «Suche den Frieden und jage ihm nach!» (Benediktsregel)
Der Mensch ist nicht da, um sich selbst zu leben, sondern er ist von Gott berufen, sich in den Dienst von etwas Grösserem und Bleibenden zu stellen. Denn: «Was nützt es dem Menschen, wenn er die ganze Welt gewinnt, dabei aber sein Leben einbüsst bzw. seine Seele verliert?» Mt 16,26. Einem jungen Mann riet Bruder Klaus: «Wenn du Gott dienen willst, muss du dich um niemanden kümmern.» Wir müssen also tun, was uns zur Ewigkeit nützt, nicht, was uns in dieser Welt Vorteile bringt.
Vor allem dürfen wir nicht ständig an uns selbst denken. Jesus ist ein verwundeter Heiler. Es ist unmöglich, dass wir durch’s Leben kommen, ohne durch Ungerechtigkeit und Lieblosigkeit verwundet zu werden. Aber auch wir selbst verletzen Liebe und Gerechtigkeit. Auch deshalb haben wir keinen Frieden. Die Antwort auf unsere Wunden ist nicht Rache, Hass oder Bitterkeit, sondern Liebe und Vergebung. Die Frucht der Vergebung aber wird der Friede sein. Das Christentum hat eine göttliche, humanisierende und versöhnende Kraft. Machen wir ernst mit unserem Christentum!
«Nicht das Leben ist schwer, sondern die Liebe. Die Liebe, die sich in ihrem vollen Umfang betätigt, diese Religion der Errettung – ich meine die wahrhaft christliche Liebe, nicht jene leichtfertige Sympathie, die brave Herzenszärtlichkeit oder die angeborene Menschlichkeit, nein, das wirklich bis ins Blut hinein Sich-selbst-Vergessen – die reine Selbsthingabe im Geiste, mit der man im Feinde so lange nach dem Freunde sucht, bis er dazu wird. Diese schwere Liebe – das ist die tapfere, die wahre Liebe.» (Antoine de Saint-Exupéry).
Mgr. Marian Eleganti, Kirchlicher Assistent des Weltverbands der Katholischen Ärztevereinigungen