Card. Giuseppe Versaldi (Italia)

L’alternativa a questo dialogo tra le scienze con il contributo della fede attraverso un metodo razionalmente accettabile annullerebbe di fatto l’iniziale buona intenzione della scienza medica di avere dei criteri etici a supporto dei loro interventi sulla vita umana. La sola ragione di per sé potrebbe bastare a trovare quella comune ed universale visione della natura umana necessaria per stabilire un ponte tra le scienze naturali ed i principi etici che ne dirigano l’azione. Ma, come la storia dimostra specialmente la storia moderna, proprio attraverso la ragione si è giunti a negare persino la possibilità di avere una visione naturale universalmente condivisibile con conseguente svuotamento di ogni possibilità di fondare dei principi etici. Si tratta, come rilevava Giovanni Paolo II nella citata enciclica Fides et ratio, di una “crisi di fiducia, che il nostro tempo sta attraversando, circa la capacità della ragione” (n.84) e che ha portato ad alcune linee di pensiero debole che il Papa riconosce nell’ecclettismo (collezione acritica di diverse idee senza connessione sistematica), nello storicismo (la verità dipende dipende dalla sua adeguatezza ad un determinato periodo storico di cui assolve il compito), nello scientismo (la sola conoscenza vera è quella delle scienze naturali), nel pragmatismo (esclusione di ogni riflessione teoretica o etica nel fare le decisioni) e, infine come inevitabile conseguenza, nel nichilismo (rifiuto di ogni pretesa verità oggettiva).

Non v’è chi possa negare che questa lettura che il Beato Pontefice faceva alla fine del secolo scorso (1998) non solo sia ancor valida, ma su quella deriva della ragione si sono fatti notevoli passi in avanti con la crescente affermazione del criterio della libertà da ogni vincolo etico che porta a legislazioni sempre più permissive in nome della abolizione di qualunque “discriminazione” che deriverebbe dalla affermazione di valori che limitino l’assoluta libertà individuali. In nome di presunti e indimostrati “diritti” si vanno sempre più affermando processi di cambiamento dei capisaldi della antropologia finora comunemente accettata e presentati come un inarrestabile “progresso” della società democratica ed evoluta.

L’auspicio che formulo, e che questo convegno può in parte favorire, è che torni la fiducia nella ragione umana aperta alla ricerca della intera verità e al contributo delle scienze metafisiche e teologiche, le quali, a loro volta, si rendano sempre più capaci di essere comprensibili e credibili agli uomini del nostro tempo. La bioetica, impostata su un severo metodo razionale, può dare un notevole contributo nel quadro della nuova evangelizzazione in cui la Chiesa intera è impegnata e in cui si inserisce l’anno della fede voluto saggiamente e profeticamente da Benedetto XVI.