Presentato in Senato il Terzo Rapporto OPA sui costi dell’aborto e i suoi effetti sulla salute delle donne: “Tra clandestinità e indifferenza”

Pubblicato il 29 Ottobre 2024

“Tra clandestinità e indifferenza” è il titolo del Terzo Rapporto Opa, che, in continuità con il Primo del 2021 e il Secondo del 2023, vuole fornire alla collettività e alla politica un servizio di monitoraggio sull’applicazione della legge 194 del 1978. Il lavoro dell’Osservatorio Permanente sull’Aborto è quindi a disposizione – soprattutto – degli amministratori […]

“Tra clandestinità e indifferenza” è il titolo del Terzo Rapporto Opa, che, in continuità con il Primo del 2021 e il Secondo del 2023, vuole fornire alla collettività e alla politica un servizio di monitoraggio sull’applicazione della legge 194 del 1978.

Il lavoro dell’Osservatorio Permanente sull’Aborto è quindi a disposizione – soprattutto – degli amministratori della cosa pubblica che normalmente si premurano di osservare e valutare i costi e i benefici delle politiche implementate al fine di massimizzarne l’efficienza e il grado di raggiungimento del bene comune prefissato.

Alla conferenza stampa di presentazione del Rapporto, a Palazzo Madama, il 29 ottobre 2024, alle ore 16, sono intervenuti Benedetto Rocchi, Presidente dell’Opa, Filippo Maria Boscia e Giuseppe Noia, moderati da Francesca Romana Poleggi, membri del Comitato direttivo. Ha porto i saluti istituzionali il Sen. Ignazio Zullo.

Il numero degli aborti in Italia

Il Terzo Rapporto Opa presenta i dati aggiornati sul numero degli aborti in Italia, che, tra il 1978 e il 2022, è di 5.987.323, di cui 64.703 nell’ultimo anno rilevato (2022).

Il numero è solo apparentemente in declino. Esso infatti non tiene conto dell’incremento dei criptoaborti causati dalle pillole postcoitali, le quali, quando non riescono a inibire l’ovulazione, impediscono l’annidamento in utero dell’embrione, essere umano a tutti gli effetti.

Comunque, tenendo conto del decremento della popolazione, nel 2022 sono state abortite il 13% delle gravidanze, secondo i calcoli basati su dati ufficiali (erano state il 12,5% nell’anno precedente). Il tasso di abortività totale, anch’esso in crescita, nel 2022, è di 206 donne su 1000.

Queste percentuali evidenziano un problema sociale rilevante. Anche perché è evidente che, contrariamente da quanto dichiarato nell’articolo 1 della legge 194, l’aborto è stato e viene usato come ordinario mezzo di controllo delle nascite.

La “clandestinizzazione” degli aborti legali

La legge 194, inoltre, in questi 44 anni non è riuscita ad eliminare gli aborti clandestini, che anzi sono incrementati dall’uso di sostanze off label, soprattutto da parte delle giovanissime. La pratica è purtroppo in qualche modo incentivata dalla propaganda tesa alla promozione planetaria dell’aborto fai-da-te fuori dall’ambiente ospedaliero protetto, a detrimento della salute psicofisica della donna.

Il costo degli aborti legali

Considerati questi numeri, il costo cumulato dell’aborto legale in Italia aggiornato fino alla fine del 2022 è di 7 miliardi e 290 milioni di Euro. Un fondo destinato ad impieghi produttivi nel quale, nel corso dei 44 anni considerati, fosse stata accumulata ogni anno una cifra corrispondente alle spese abortive sostenute, oggi ammonterebbe a 16 miliardi e 616 milioni di Euro (prezzi 2022).

Effetti collaterali e avversi dell’aborto

Anche questo Terzo Rapporto tiene conto delle complicazioni post-aborto attraverso l’elaborazione dei dati provenienti dalle Schede di Dimissione Ospedaliera. E se l’aumentata incidenza dell’aborto chimico diminuisce progressivamente il costo medio per singolo aborto, che passa da 907 a 856 Euro, l’aborto farmacologico genera un maggior costo per le complicazioni rispetto all’aborto chirurgico. Costo che cresce nei tre anni passando da 5,5 a 6,4 milioni di Euro, raggiungendo una quota dell’11,4% sul totale.
Tra gli effetti indesiderati dell’aborto indotto viene evidenziato il link ABC, il legame tra aborto e cancro al seno: questo insieme alle altre circostanze avverse che possono essere conseguenza dell’aborto indotto viene coperto da una coltre di colpevole omertà, quando invece le donne dovrebbero ricevere una completa e corretta informazione.

L’impatto dell’obiezione di coscienza sul “diritto all’aborto”

Sulla base di dati ufficiali viene inoltre confutata la tesi secondo la quale l’elevata percentuale degli operatori sanitari che esercitano l’obiezione di coscienza ostacolerebbe il diritto di aborto delle donne. Viene in particolare analizzato il caso della Regione Marche, recentemente al centro di polemiche finalizzate alla abolizione del diritto all’obiezione previsto dalla legge.

La legalizzazione dell’aborto e la mortalità femminile

Infine, il Terzo Rapporto ha analizzato l’andamento della mortalità femminile in Italia negli anni intorno all’approvazione della legge. Dal 1974 al 1983 i dati ufficiali sulla mortalità femminile mostrano che la legalizzazione dell’aborto non ha ridotto la mortalità femminile (cosa che risulta anche in altri Paesi). Peraltro i dati mostrano che l’aborto legale si somma all’aborto clandestino e non va a sostituirsi ad esso.

Analisi costi-benefici

La legalizzazione dell’aborto in questi 44 anni ha comportato una enorme spesa improduttiva, una mole di effetti collaterali e avversi sottostimata e sottaciuta alle donne, violando il loro diritto al consenso informato; la promozione della Ru 486 e dei suoi surrogati comporta la “clandestinizzazione” dell’aborto legale, favorendone la “dimensione solipsistica, tra le mura di casa” e non ha ridotto la mortalità femminile.

E soprattutto ha negato il diritto alla vita a decine di milioni di bambini.

Quali benefici ha portato?

Per scaricare il Terzo Rapporto cliccare qui