Domenica 22 dicembre 24

La stella brilla per guidarmi

Dove andate,

dissero gli amici

solo una stella

avete visto,

non sciupate

la vostra sapienza

così incompresi

restarono i Magi,

per loro un tesoro

era apparso,

per gli altri

fu puro capriccio

scommisero i Magi

sulla fulgida stella,

nel cuore ancella

di vera speranza,

e alla ricerca del Vivente

ansiosi si posero

Doni preziosi

offrirono adoranti

al nato Bambino,

E vita nuova

E tesori di gioia

Ebbero in cambio

Don Michele per il Natale 24

Domenica dell’Incarnazione (VI di Avvento)

Luca 1, 26-38

26 In quel tempo.  L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».

29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Commento

In questo passo potremmo commentare solo le tre parole pronunciate dall’angelo:

“1. Rallégrati, 2. Piena di grazia: 3. Il Signore è con te”.

Ma non possiamo dimenticare le meravigliose parole di Maria: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”.

 Cominciamo con “rallegrati”. La traduzione è veramente insufficiente e non rende l’idea. Si dovrebbe dire, gioisci con tutto il cuore, esulta con tutta te stessa. Il motivo sta nel fatto che Dio si fa prossimo, sta prendendo l’iniziativa della salvezza per tutto il genere umano e Maria è stata scelta come principale collaboratrice dell’opera di Dio. Non ci sono parole adeguate per dire la bellezza della visita di Dio. Anche noi in modo diverso, ma sempre necessario, siamo presi a servizio dal Signore. Gioiamo della vicinanza di Dio e della sua chiamata a collaborare con lui.

“Piena di grazia”. Maria riceve un dono magnifico, la libertà dal peccato e la capacità di amare secondo il cuore di Dio. È l’inizio di una nuova umanità, che comincia da Maria e si estende a tutti gli uomini. I doni di Dio arriveranno a tutti noi attraverso la passione, la croce e la risurrezione di Gesù, e saranno sempre disponibili.

“Il Signore è con te”. Origine e fine della nostra vita, il Signore accompagna tutti i giorni della vita di Maria, e i nostri giorni, anche i più dolorosi. Il salmo dice: “Il Signore è il mio pastore …”

Ed ecco che giunge la risposta di Maria alla grande vocazione.

Disponibilità completa all’azione di Dio.

Siamo richiamati al senso proprio della vocazione cristiana, e cioè la certezza che dove ci conduce il Signore, lì c’è la pienezza della nostra vita. Abbiamo bisogno di tutta la vita per comprendere questa verità essenziale.

Noi pure abbiamo la tentazione del profeta Giona, non essere d’accordo con il piano di Dio e fare a modo nostro.

Per fortuna che dopo i disastri che noi combiniamo in proprio, Dio continua a chiamarci al suo amore e non si stanca di visitarci.

Commento di A. Casati

Forse era un giorno qualunque, e la ragazza di Nazaret si sentì come sfiorata. Era un angelo. Come se fosse sfiorata da una luce. Sorpresa e turbata nello stesso tempo. Il turbamento, o forse anche il rossore, l’angelo glielo aveva letto sul viso, il suo viso di adolescente. Anche se, a pensarci bene, la prima sua parola era stata un “rallegrati” e aveva aggiunto: “Tu che sei superamata”.

Era fidanzata a Giuseppe. Non dico che l’angelo con le sue parole cancellasse quel sogno. Giuseppe mai e poi mai l’avrebbe abbandonata. Ma l’angelo – Dio attraverso l’angelo – le chiedeva qualcosa che era oltre, un oltre sino a quell’ora inimmaginabile. Qualcosa di inimmaginabile – starei per dire – non solo per lei, ma per la mente umana, per noi, inimmaginabile: generare Dio. “Ma come è possibile?”: è la domanda, la domanda di Maria. È la domanda di chi non è passivo, non è servile.

Alla fine dirà: “Ecco la serva del Signore”. Voi mi capite: serva, ma non servile. Questo chiede Dio. A Maria, ma anche a ciascuno di noi: di essere sì servi, collaboratori, ma non servili. Anche Giuseppe collaborò con Maria a quel sogno, che non era certo il prodotto di una mente umana.

Lasciatemi dire, la leggerezza dell’angelo, che senza premere, ti aiuta a guardarti dentro e a sentire la voce di Dio, e, insieme, a scoprire la modalità, la tua modalità, con cui tu collaborerai al disegno di Dio sulla storia. E Dio chiede un grembo. Un grembo per nascere. E, badate, non per nascere superuomo, ma per nascere uomo. Il disegno è ospitare il divino nell’umano.

Questa domenica ha nome di “domenica dell’incarnazione”, del Dio che si fa carne.

All’esterno nulla di eccezionale. La fede di Maria era eccezionale. La sua fede dava luce alle cose, le più comuni, di ogni giorno. Si trovò fin da principio a fare la cosa che vorrebbero fare tutti quando il cuore è gonfio: poterlo confidare a qualcuno. L’angelo le aveva parlato della cugina Elisabetta, incinta di sei mesi: tra donne si sarebbero capite.

“Si alzò” è scritto “e andò in fretta”. I primi verbi di Maria dopo l’annuncio! Fu così, con una visita, che diede inizio al sogno che la abitava.

E tornata a Nazaret riandava – penso, riandò per tutta la vita, nelle ore tenere ma anche in quelli più buie – alle parole dell”angelo: “Rallegrati, tu superamata. il Signore è con te”. Ho fatto sosta sulla parola “rallegrati” fino a sorprendermi che nel testo è legata all’esperienza di essere amati. L’allegria è dal sentirsi amati. Rallegrati perché c’è qualcuno accanto.

Oggi, quasi a copia delle parole dell’angelo, nella lettera ai Filippesi abbiamo trovato lo stesso invito – in greco è lo stesso verbo -: “siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino”. E’ la vicinanza – pensate – è la vicinanza di Dio e, con la sua, ogni vicinanza umana, ogni amabilità che creano allegria. Mi è caro questo verbo greco dell’allegria, perché porta in sé non solo la radice dell’amore, ma anche della bellezza. La bellezza rallegra.

In tempi in cui i volti depressi sembrano carovane, ci è chiesto di essere belli, di creare grazia, allegria, bellezza. Come? Facendoci vicini, come ha fatto e come sta facendo, nel suo natale, il Signore.

Rito romano IV di Avvento

IV domenica di avvento

Luca 1,39-45

39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo . Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”.

Commento

Il vangelo ci parla con pochissime parole di un viaggio verso i monti della Giudea. Vorrei che ci soffermassimo su questo aspetto. Sapete che cosa potesse significare in una società arcaica il fatto che una giovane ragazza si mettese in viaggio per andare molto lontano? Si trattava di una missione impossibile. Eppure, si è realizzata. Non sappiamo come siano state superate le difficoltà, ciò che conta è che Maria ha sentito il bisogno imperioso di visitare la sua lontana parente Elisabetta, non per fare due chiacchiere da bar, ma per aiutarla nella sua gravidanza avuta in tarda età e, perciò, bisognosa di cuore più attente. Inoltre, devono condividere la gioia per il grande dono ricevuto da Dio. Infatti, entrambe le donne sono state chiamate, anche se in maniera diversa, a collaborare al piano della salvezza. La venuta di Gesù genera gioia, fin dal grembo materno. Questo secondo aspetto genererà la lode a Dio per il suo intervento, lode che noi abbiamo nell’Ave Maria di Elisabetta e nel Magnificat di Maria. Anche noi non dobbiamo mai dimenticare qual è la sorgente vera della nostra gioia.

Ma è il primo aspetto che merita di essere sottolineato, perché rischia di passare sotto silenzio. Maria si è messa a disposizione di Dio, con il suo atto di affidamento: “si faccia di me secondo la tua parola”. Il viaggio di Maria e la sua permanenza di tre mesi presso Elisabetta, mostrano che la disponibilità verso Dio diventa servizio verso le persone, anche in situazioni difficili e anche a costo di dovere vincere vecchie regole sociali.

Noi possiamo qui pensare a quante scuse accampiamo, quando rimandiamo i nostri compiti di servizio e ci lasciamo fermare da ostacoli che, per quanto importanti, non sono invincibili. Il servizio fraterno, svolto tenacemente, è l’identità vera del credente.

La venuta di Gesù nel nostro mondo è sorgente di speranza. Dio è fedele alla sua promessa e mette le mani in pasta nella nostra storia perché essa diventi storia di salvezza. Chi accetta di collaborare con Dio dicendo il proprio si alla sua chiamata, mette anche lui le mani nella pasta di questo mondo e diventa seminatore di speranza.

Commento di E. Ronchi

Maria si mise in viaggio in fretta. Appena partito l’angelo, anche lei vola via da Nazaret. Il suo cammino sembra ricalcare a ritroso le orme che Gabriele ha lasciato nell’aria per giungere da lei: «gli innamorati volano» (santa Camilla Battista da Camerino).

Appena giunta in quella casa di profeti, Maria si comporta come Gabriele con lei. «Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta»: angelo di un lieto annunzio, che il bimbo nel grembo della madre percepisce subito, con tutto se stesso, come una musica, un appello alla danza, una tristezza finita per sempre: «il bambino ha sussultato di gioia». Il Santo non è più al tempio, è lì, nella carne di una donna, «dolce carne fatta cielo» (M. Marcolini). Nella danza dei grembi, nella carne di due donne, si intrecciano ora umanità e divinità. Nella Bibbia, quando gli uomini sono fragili, o corrotti, o mancano del tutto, entrano in gioco le donne (R. Virgili).

Da Maria ed Elisabetta impariamo anche noi l’arte dell’incontro: la corsa di Maria è accolta da una benedizione. Un vento di benedizione dovrebbe aprire ogni dialogo che voglia essere creativo. A chi condivide con me strada e casa, a chi mi porta un mistero, a chi mi porta un abbraccio, a chi mi ha dato tanto nella vita, io ripeterò la prima parola di Elisabetta: che tu sia benedetto, Dio mi benedice con la tua presenza, possa Egli benedire te con la mia presenza.

Benedetta tu fra le donne. Su tutte le donne si estende la benedizione, su tutte le figlie di Eva, su tutte le madri del mondo, su tutta l’umanità al femminile, su «tutti i frammenti di Maria seminati nel mondo e che hanno nome donna» (G. Vannucci). E beata sei tu che hai creduto. Risuona la prima delle tante beatitudini dell’evangelo, e avvolge come un mantello di gioia la fede di Maria: la fede è acquisizione di bellezza del vivere, di un umile, mite e possente piacere di esistere e di fiorire, sotto il sole di Dio.

Elisabetta ha iniziato a battere il ritmo, e Maria intona la melodia, diventa un fiume di canto, di salmo, di danza. Le parole di Elisabetta provocano una esplosione di lode e di stupore: magnificat. I primi due profeti del Nuovo Testamento sono due madri con una vita nuova, che balza su dal grembo, e afferma: «Ci sono!». E da loro imparo che la fede e il cristianesimo sono questo: una presenza nella mia esistenza. Un abbraccio nella mia solitudine. Qualcuno che viene e mi consegna cose che neppure osavo pensare.

Natale è la convinzione santa che l’uomo ha Dio nel sangue; che dentro il battito umile e testardo del mio cuore palpita un altro cuore che – come nelle madri in attesa – batte appena sotto il mio. E lo sostiene. E non si spegne più.

Buona domenica a tutti

Don Michele Aramini