La Chiesa e la bioetica. Monsignor Gerhard Ludwig Müller conferma la continuità della Dottrina.
12-12-2013 – di Ermanno Pavesi
Monsignor Gerhard Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha tenuto una conferenza sui Fondamenti teologici per la valutazione delle questioni bioetiche e il testo, datato 7 settembre 2013, è stato pubblicato sul sito della Congregazione stessa, ma solo nella versione tedesca [1]. Si tratta di un documento importante che conferma la continuità del magistero sulle questioni bioetiche anche sotto il pontificato di papa Francesco.
Il termine bioetica è stato usato per la prima volta nel 1970 per designare una nuova forma di etica interdisciplinare con un approccio globale ai problemi della vita, quindi non solo di quella umana ma anche di tutti gli esseri viventi. La Chiesa cattolica si è occupata da sempre di problemi di morale, anche per quanto riguarda questioni mediche che venivano trattate dalla medicina pastorale, ma la sua posizione, che presuppone una valutazione morale dell’attività medica e scientifica, è stata fino a qualche decennio fa praticamente una sua prerogativa, poiché gli ambienti laici erano generalmente convinti che gli scienziati fossero sufficientemente responsabili e non avessero bisogno di una sistematizzazione di principi morali per il loro comportamento. Progressi delle scienze biomediche e cambiamenti culturali, che hanno messo in discussione principi prima comunemente accettati, hanno però modificato il quadro, e anche in ambienti laici si è aperta la discussione sugli aspetti etici delle scienze biologiche e mediche. Progressivamente il termine bioetica ha assunto il significato attuale, come viene definito da mons. Müller: “La bioetica formula e verifica regole morali per il comportamento tecnico e scientifico nei confronti della vita in generale e in particolare della vita umana”.
Mons. Müller affronta il tema basandosi su tre importanti documenti del magistero nel campo della bioetica: l’Enciclica Evangelium vitae del beato Giovanni Paolo II del 1995, e due istruzioni della Congregazione per la Dottrina della Fede l’Istruzione sul rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione – Donum vitae del 1987 e l’Istruzione Dignitas personae su alcune questioni di bioetica del 2008.
Mons. Müller ricorda come l’enciclica Evangelium vitae – che non voleva “presentare nuove prescrizioni morali per temi bioetici, ma che si proponeva piuttosto di confermare la dottrina tradizionale della Chiesa” – denunci le nuove e crescenti minacce alla vita delle persone e dei popoli, e ribadisca la validità dei principi già formulati dal magistero. L’enciclica manifesta inoltre la sua preoccupazione perché gli attacchi alla vita “tendono a perdere, nella coscienza collettiva, il carattere di «delitto» e ad assumere paradossalmente quello del «diritto», al punto che se ne pretende un vero e proprio riconoscimento legale da parte dello Stato e la successiva esecuzione mediante l’intervento gratuito degli stessi operatori sanitari” (EV, 11).
L’Istruzione Donum vitae ha ribadito il dovere di rispettare la dignità di ogni essere umano fin dal concepimento, e quindi del rispetto dovuto anche a ogni embrione e feto, con la condanna di forme di fecondazione non naturali, della produzione di embrioni soprannumerari, del loro congelamento e del loro uso come oggetti per la ricerca, invece di considerarli come soggetti.
L’Istruzione Dignitas personae, ha ripreso a distanza di ven’anni i temi della Donum vitae, affrontando le nuove sfide poste dai progressi delle biotecnologie, e criticando, tra l’altro, l’applicazione dell’ingegneria genetica a finalità diverse da quella terapeutica, la clonazione, in particolare degli esseri umani, la ricerca sulle cellule staminali embrionali e i tentativi di ibridazione.
Filo conduttore dei tre documenti, come viene sottolineato anche nelle rispettive introduzioni, è la questione antropologica, il fatto che all’uomo spettano per sua natura una dignità e diritti particolari e quindi la sua inviolabilità, che deve essere rispettata tanto nella ricerca quanto nelle terapie. Mons. Müller ribadisce anche che i processi vitali naturali hanno leggi proprie e un valore assoluto, chiarendo che non si tratta di una deriva naturalistica, ma della “constatazione, che la sua natura, contemporaneamente corporea e spirituale, contiene proprietà che non possono essere disattese impunemente”. La difesa della dignità umana e il rifiuto di pratiche e tecniche contro la vita si basano non tanto su argomenti teologici, ma su considerazioni di filosofia della natura. „È degno di nota che i documenti non difendono propriamente interessi particolari cattolici, ma affrontano le condizioni della vita e della coesistenza umane, e si fanno difensori in particolare di chi è minacciato nella sua dignità e nei suoi diritti. Sfidano a una riflessione e a un confronto, e mettono in guardia da soluzioni precipitose e pragmatiche che possono mostrare le loro conseguenze negative, o addirittura fatali, solo in futuro“.
L’interesse per la bioetica non si limita quindi ai problemi riguardanti l’inizio e la fine della vita, ma con il progresso delle biotecnologie la possibilità, e quindi il rischio, che queste vengano utilizzate non tanto per scopi terapeutici, ma per finalità eugenetiche o addirittura per modificare il patrimonio genetico dell’uomo, allo scopo di potenziarne alcune proprietà. È chiaro che questo cosiddetto potenziamento, in inglese human enhancement, pretende di modificare la natura dell’uomo e quindi lo snatura, e cerca di creare un uomo nuovo.
„Con le nuove possibilità di diagnosi e di terapia nell’ambito della biomedicina si è di nuovo acceso il dibattito sull’eugenetica. Anche in filosofia ci si occupa maggiormente delle visioni in questo ambito, […] Procedimenti con tecniche genetiche per migliorare o per potenziare il patrimonio genetico (enhancement, gendoping) vengono rifiutate perché favoriscono una mentalità eugenetica, che stigmatizza chi non dispone delle caratteristiche volute, e poiché favoriscono solo quelle caratteristiche che vengono considerate come eccellenti, ma che non costituiscono ciò che è specificatamente umano, e poiché queste tecniche contraddicono l’uguaglianza di tutti gli uomini portando al dominio di alcuni (che stabiliscono i criteri) sulla libertà degli altri. Con il rifiuto delle tecniche di potenziamento il magistero vuole contemporaneamente ricordare l’accettazione della vita umana con tutti i suoi limiti e la sollecitudine delle persone che ci sono affidate (cfr. DP 27)”.
Le biotecnologie possono costituire un grave pericolo per la civiltà umana: già in passato ci sono stati tentativi di manipolare l’uomo, di creare un uomo nuovo, basti pensare alle ideologie totalitarie del secolo scorso, ma questi tentativi si servivano dell’educazione, dell’imposizione di certi comportamenti, dell’ateismo militante, cioè di tecniche che agivano sul comportamento esteriore, ma non intaccavano la natura stessa dell’uomo. Vi sono oggi scienziati che intendono servirsi delle moderne biotecnologie per modificare la natura umana, manipolando, per esempio, il patrimonio genetico, i processi vitali e il funzionamento del cervello. A una bioetica rispettosa della natura e della dignità dell’uomo spetta quindi il compito di contrastare queste visioni utopistiche e prometeiche: “Si deve rilevare infine che nel tentativo di creare un nuovo tipo di uomo si ravvisa una dimensione ideologica, secondo cui l’uomo pretende di sostituirsi al Creatore” (DP 27). E con San Paolo si può ricordare che il vero modo di spogliarsi dell’uomo vecchio e di rivestire il nuovo consiste nella conversione personale (cfr. Col 3,9-10).
Ermanno Pavesi
Segretario generale della Federazione internazionale delle associazioni mediche cattoliche, FIAMC
[1]Erzbischof Gerhard Ludwig Müller, Theologische Grundlagen zur Bewertung bioethischer Fragen
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12-12-2013 – de Ermanno Pavesi
Monseñor Gerhard Ludwig Müller, Prefecto de Congregación para la Doctrina de la Fe, ha realizado una conferencia sobre los fundamentos teológicos para la valoración de las cuestiones bioéticas y el texto, fechado el 7 de septiembre de 2013, ha sido publicado en el sitio web de la Congregación misma, pero sólo en la versión alemana[1]. Este es un documento importante que confirma la continuidad del magisterio sobre las cuestiones bioéticas también bajo el pontificado del Papa Francisco.
El término bioética fue utilizado por primera vez en 1970 para designar una nueva forma de ética interdisciplinaria con un enfoque integral de los problemas de la vida, por lo tanto implica no sólo la vida humana sino también la de todos los seres vivos. La Iglesia Católica siempre se ha ocupado de los problemas morales, y también por las cuestiones médicas que fueron tratadas por la pastoral de salud, pero su posición, que supone una valoración moral de la actividad médica y científica fue, hasta hace algunas décadas, prácticamente una prerrogativa propia, dado que los ambientes laicos estaban generalmente convencidos de que los científicos eran suficientemente responsables y no necesitaban de una sistematización de principios morales para su comportamiento. Sin embargo los avances de las ciencias biomédicas y los cambios culturales, han puesto en tela de juicio los principios que antes eran comúnmente aceptados, han modificado el marco de referencia, y los círculos laicos se han abierto al debate sobre los aspectos éticos de las ciencias biológicas y médicas. Poco a poco el término bioética ha ido adoptando su significado actual, tal como lo define Mons. Müller: “la bioética formula y verifica normas morales para el comportamiento técnico y científico con respecto a la vida en general y en particular de la vida humana”.
Mons. Müller aborda el tema sobre la base de tres importantes documentos del magisterio en materia de bioética: la encíclica Evangelium vitae del beato Juan Pablo II de 1995, y dos instrucciones de la Congregación para la Doctrina de la Fe, la Instrucción sobre el respeto de la vida humana naciente y la dignidad de la procreación – Donum vitae de 1987, y la Instrucción Dignitas personae sobre algunas cuestiones de bioética del 2008.
Al respecto Mons. Müller recuerda que la encíclica Evangelium vitae –que no quería “introducir nuevas prescripciones morales para las cuestiones bioéticas, pero que sí se proponía confirmar la doctrina tradicional de la Iglesia”— denunció las nuevas y crecientes amenazas a la vida de las personas y de los pueblos, y reafirmó la validez de los principios ya formulados por el magisterio. La encíclica además manifestó su preocupación por que los ataques contra la vida “tienden a perder, en la conciencia colectiva, el carácter de «delito» y a asumir paradójicamente el de «derecho», hasta el punto de pretender con ello un verdadero y propio reconocimiento legal por parte del Estado y la sucesiva ejecución mediante la intervención gratuita de los mismos agentes sanitarios”.
En la Instrucción Donum vitae se reiteró el deber de respetar la dignidad de cada ser humano desde su concepción, y por tanto del respeto debido también a cada embrión y feto, con la condena a las formas de fecundación no naturales, a la producción de embriones sobrantes, a su congelamiento y a su uso como objetos para la investigación, en lugar de considerarlos como sujetos.
Unos veinte años más tarde la Instrucción Dignitas personae regresó a los temas planteados por la Donum vitae abordando los nuevos retos que plantea el avance de la biotecnología, y criticó, entre otras cosas, la aplicación de la ingeniería genética con fines distintos de los terapéuticos, la clonación, en particular de los seres humanos, la investigación con células madre embrionarias y los intentos de hibridación.
El hilo conductor de estos tres documentos, como se destaca también en sus respectivas introducciones, es la cuestión antropológica, el hecho de que al hombre le corresponde por su naturaleza una dignidad y derechos particulares y por lo tanto inviolables, que deben ser respetados tanto en la investigación como en las terapias. Mons. Müller reitera también que los procesos vitales naturales tienen leyes propias y un valor absoluto, por lo que es claro que no se trata de una deriva naturalística, sino de la “constatación, que su naturaleza, al mismo tiempo corporal y espiritual, contiene propiedades que no pueden ser ignoradas impunemente”. La defensa de la dignidad humana y el rechazo de prácticas y técnicas contrarias a la vida se basan no tanto sobre argumentos teológicos, sino en consideraciones de filosofía de la naturaleza. “Cabe señalar que los documentos no defienden intereses particulares católicos, sino que abordan las condiciones de la vida y de la convivencia humana, y defienden en particular a quien está amenazado en su dignidad y en sus derechos. Desafían a una reflexión y a una confrontación, y advierten contra soluciones precipitadas y pragmáticas que mostrarán sus consecuencias negativas, o incluso mortales, a futuro”.
El interés por la bioética no se limita, por tanto, a los problemas relativos al comienzo y final de la vida, sino también al avance de la biotecnología y sus posibilidades, como el riesgo de que éstas sean utilizadas no solo para fines terapéuticos, sino con finalidades eugenésicas, o incluso para modificar el patrimonio genético humano, con el objetivo de mejorar ciertas propiedades. Es claro que este llamado potenciamiento, en inglés human enhancement, pretende modificar la naturaleza humana y por lo tanto la desnaturaliza, y busca crear un hombre nuevo.
“Con las nuevas posibilidades de diagnóstico y terapia en el ámbito de la biomedicina se ha despertado nuevamente el debate sobre la eugenesia. Incluso en la filosofía hay más visiones que se ocupan de este ámbito, […] Se rechazan procedimientos con técnicas genéticas para mejorar o para potenciar el patrimonio genético (enhancement, gendoping) porque promueven una mentalidad eugenésica, que estigmatiza a quien no posee las características deseadas, porque favorecen solo aquellas características que se consideran superiores, pero que no constituyen lo que es específicamente humano, y porque estas técnicas contradicen la igualdad de todos los hombres, conduciendo al dominio de algunos (los que establecen los criterios) sobre la libertad de los otros. Al rechazar las técnicas de potenciamiento el magisterio quiere recordar, al mismo tiempo, el deber de acoger la vida humana, con todas sus limitaciones, y la preocupación por las personas que nos son confiadas (ver DP 27)”.
La biotecnología puede llegar a ser un grave peligro para la civilización humana: ya en el pasado han habido intentos de manipular al hombre, de crear un hombre nuevo, basta pensar en las ideologías totalitarias del siglo pasado, pero estos intentos se servían de la educación, de la imposición de ciertos comportamientos, del ateísmo militante, es decir, de técnicas que actuaban sobre el comportamiento exterior, pero no afectaban la naturaleza misma del hombre. Hoy en día hay científicos que desean utilizar la moderna biotecnología para modificar la naturaleza humana, manipulando, por ejemplo, el patrimonio genético, los procesos vitales y el funcionamiento del cerebro. A una bioética respetuosa de la naturaleza y de la dignidad del hombre por ejemplo, corresponde la tarea de luchar contra estas visiones utópicas y prometeicas: “Finalmente hay que notar que en el intento de crear un nuevo tipo de hombre se advierte fácilmente una cuestión ideológica: el hombre pretende sustituir al Creador”, (DP 27). Y con San Pablo se puede recordar que la verdadera manera de despojarse del hombre viejo y de revestirse del hombre nuevo es la conversión personal (ver Col 3,9-10).
Ermanno Pavesi
Secretario General de la Federación Internacional de las asociaciones médicas católicas, FIAMC
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12-12-2013 – by Ermanno Pavesi
Msgr. Gerhard Ludwig Müller, Prefect of the Congregation for the Doctrine of the Faith, delivered a lecture on the Theological Foundations for the evaluation of bioethical questions, and the complete text dated 7 September 2013 is accessible on the website of the Congregation, but only in the original German version.[1]This is an important document confirming the continuity of the Magisterium in the sphere of bioethical questions under the pontificate of Pope Francis as well.
The term ‘bioethics’ was used for the first time back in 1970 to designate a new form of interdisciplinary ethics with a global approach to the problems of life, and hence not only human life, but the life of living beings at large. The Catholic Church has always dealt with problems and issues of morals, including medical questions arising in the field of the health care apostolate, but its position, which presupposes a moral evaluation of medical and scientific activities, was practically its prerogative until a few decades ago because people in secular ambits and circles were ordinarily convinced that scientists were sufficiently responsible and did not really need anything like a systematic codification of moral principles governing their conduct. The progress and achievements of the biomedical sciences and cultural changes have challenged what initially were commonly accepted principles, and thereby altered the picture, leading to open discussion in secular environments about the ethical aspects of the biological and medical sciences. The term ‘bioethics’ progressively assumed its current meaning, which Msgr. Müller defines as follows: “Bioethics formulates and verifies moral rules for technical and scientific behavior and conduct with respect to life in general and human life in particular”.
Msgr. Müller tackles this theme on the basis of three important documents of the Magisterium in the field of bioethics: the Encyclical Letter Evangelium vitae of Blessed John Paul II (1995), and two Instructions issued by the Congregation for the Doctrine of the Faith: the Instruction on human life in its origin and on the dignity of procreation – Donum Vitae (1987) and the Instruction Dignitas Personae on certain bioethical questions (2008).
He recalls how the encyclical Evangelium vitae, which did not want “to present new prescriptions for moral questions, but rather pursued the intent of confirming the Church’s traditional doctrine”, denounces the new and mounting threats against the life of persons and peoples, and reiterates the validity of the principles already formulated by the Magisterium. The encyclical likewise voices its concern because the attacks against life “tend no longer to be considered as “crimes”; paradoxically they assume the nature of “rights”, to the point that the State is called upon to give them legal recognition and to make them available through the free services of health-care personnel” (EV, 11).
The Instruction Donum vitae repeated the need to respect the dignity of each human being from the moment of conception, and hence the respect due as well to each embryo and fetus, with the condemnation of forms of non-natural fecundation, the production of surplus embryos, their being frozen, and their being used as objects for purposes of research instead of considering them as subjects in their own right.
Some twenty years later the Instruction Dignitas personae returned to the themes raised by Donum vitaewhile addressing the new challenges posed by progress made by bio-technologies, and also criticizing the application of genetic engineering for purposes and aims other than therapy, cloning in general and particularly that of human beings, embryo stem cell research, and attempts at hybridization.
As highlighted in the aforementioned documents in their respective introductions, the thread common to all three of them is the anthropological issue, the fact that pertaining to man by his very nature is both a dignity and special rights, and hence his inviolability, which must be respected in both research and therapeutic practices. Msgr. Müller likewise reiterates that fact that natural life processes have their own laws and an absolute value, and makes it clear that this is not a naturalist deviation, but “acknowledgement of the fact that man’s nature, corporeal and spiritual at one and the same time, contains properties that cannot be betrayed with impunity”. The defense of the dignity of man and the refusal of practices and techniques against life are based not that much on theological arguments, but on considerations relative to the philosophy of nature. “Worthy of note is the fact that the documents do not defend particular Catholic interests as such, but tackle the conditions of life and human coexistence, especially defending whosoever is threatened in his dignity and rights. They launch a challenge for in-depth reflection and discussion, and warn against precipitous and pragmatic solutions that may reveal their negative consequences, or even fatal ones, only in the future”.
Interest in bioethics is therefore not limited to questions regarding the beginning and end of life, but also with the possibility and hence the risk that the progress of bio-technologies would enable them to be used not primarily for therapeutic purposes, but for eugenic aims or even to modify the genetic patrimony of man in order to enhance some of its properties. It is clear that this so-called human enhancement claims to be able to modify the nature of man, thereby distorting and taking away from that nature, and seeks to create a new man.
“With the new possibilities of diagnosis and therapy in the area of bio-medicine, the debate over eugenics has flared up anew. In philosophy as well people are dealing more and more with views and visions in this same ambit, […] Procedures with genetic techniques to improve or enhance the genetic patrimony (enhancement, gendoping) are rejected because they promote a eugenic mentality which stigmatizes those who do not have the desired characteristics considered to be the excellent ones, but which do not constitute what is specifically human, and since said techniques contradict the equality of all men, leading to dominion on the part of some persons (who set the criteria) over the liberty of others. With the refusal of enhancing techniques the Magisterium wishes to call to mind both the acceptance of human life with all its limits and concern for the persons entrusted to our care” (cf. DP 27)”.
Bio-technologies can constitute a grave danger for human civilization. Already attempted in the past have been efforts to manipulate man, to create a new man. It suffices to consider the totalitarian ideologies of the XX century, even if their efforts deployed education, the imposition of certain forms of behavior and militant atheism; in other words, techniques having an impact on external behavior, but not on the selfsame nature of man. Nowadays there are scientists who plan to avail themselves of modern bio-technologies to alter human nature, manipulating, for example, the genetic patrimony, vital processes and the functioning of the brain. It is the appointed task of a bioethics respectful of the nature and dignity of man to oppose these utopian and promethean visions: “Finally it must also be noted that in the attempt to create a new type of human being one can recognize an ideological element in which man tries to take the place of his Creator. (DP 27). And together with St. Paul we can recall that the true way to put off the old man and don the new man consists in personal conversion (cf. Col 3:9-10).
Ermanno Pavesi
FIAMC Secretary General