Nel particolare e doloroso momento di chiara emergenza per la pandemia da Covid-19, con raffinata operazione ideologica, il Ministro della Salute, pressato da gruppi professionali e da al cune variegate frange politiche, ha riconsiderato le regole del l’aborto farmacologico promuovendo, con motivazioni assai opinabili, la deospedalizzazione delle pratiche dell’interruzione volontaria della gravidanza rendendole, dopo somministrazione di farmaci ad effetto abortivo, coincidenti con domiciliazione e gestione territoriale di procedure assai delicate. Trattasi di un provvedimento ministeriale che di fatto comporta una riorganizzazione di importanti prestazioni connesse agli adempimenti previsti dalla legge 194/78, riferita alle “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’in terruzione volontaria della gravidanza”.
Più volte nel corso degli anni erano state richieste modifiche della legge 194/78, di fatto mai ottenute.
Negli ultimi mesi, sotto la spinta del coronavirus, in nome di presunte diffi coltà operative e con l’obiettivo di ridurre costi e limitare eventuali contagi ospe dalieri, il Ministro ha sdoganato la proposta di domiciliazione delle attività ri ferite agli aborti volontari, portando da 7 a 9 settimane il limite per l’utilizzo del metodo farmacologico, consentendo di praticare le relative procedure sen za ricovero per gestirlein struttureextra-ospedaliere(case della salutee consultori familiari), al momento inefficaci e poco idonee.
Le nuove regole, disposte con modalità inusuale, sono state approvate e pron tamente rese operative, banalizzando e relegando di fatto l’aborto in solitudine! L’aborto deve essere considerato sempre e comunque come un vero e proprio omicidio (all’interno della “congiura contro la vita”, come ebbe a dire Giovan ni Paolo II nell’enciclica Evangelium vitae, EV 58). Il bambino non ancora nato non è un “essere particolare”, ma un essere umano a tutti gli effetti, è “uno di noi”, e come tale deve considerarlo la coscienza morale. Pertanto per lui dob biamo decidere nello stesso modo in cui decideremmo di fronte ad una per sona già nata.
Il numero totale per anno delle interruzioni di gravidanza in Italia nell’ultimo report del 2018 è di 76.328 aborti! Chi sottolinea il dato in diminuzione vo lontariamente ignora l’alto numero di pillole contraccettive post-coitali che ven gono vendute (546.500 confezioni, sempre nel 2018).
Questo è l’aborto nascosto: la “pillola dei cinque giorni dopo”, non è un con traccettivo d’emergenza ma un vero abortivo precoce, in liberalizzazione di ven dita e peraltro molto diffuso tra le minorenni. Cifre impressionanti, mai con teggiate nel totale, ma che comunque concorrono a far numero.
Di fronte a questo uso spregiudicato dell’aborto vien da chiedersi: cosa si è fatto in oltre quarant’anni per garantire l’eppure dichiarata tutela della gravidanza? Davvero poco, per non dire niente! Tante infatti sono state le omissioni applicative di quanto prescritto (vedi art. 1 e art. 5). Come hanno ben detto Car lo e Maria Casini, i consultori familiari, punti di riferimento per le procedure propedeutiche, invece di aiutare la gestante (art. 2) “vengono concepiti come strumenti di accompagnamento della donna verso l’aborto e quindi, sostanzialmente, come garanzie dell’autodeterminazione”.
Infatti nella quotidianità, durante il colloquio obbligatorio, difficilmente vengono ricercate le cause che spingono la donna ad abortire e men che mai si ten ta di trovare possibili rimedi. Il più delle volte si preferisce la soluzione più semplice: sentita la richiesta, la si asseconda con il rapido rilascio dell’indispensabile certificato. Anche perché si è fatto molto poco per la promozione e lo svi luppo dei servizi sanitari e sociali nel rispetto delle donne, che continuano ad essere vittime delle molteplici difficoltà che tuttora incontrano non solo durante la maternità ma anche nel sostegno all’infanzia. È indubbio che la diffusione dell’aborto farmacologico risponde alla logica che vuole impedire lo sguardo sul concepito, spostando l’attenzione sulla falsa “non invasività” di tale mezzo (ma non c’è nulla di più invasivo che uccidere una vita umana!), rendendo l’aborto un fatto banale (basta bere un bicchiere d’acqua) e privato (basta essere nel bagno di casa), salvo poi correre in un pronto soccorso a causa di una emorragia irrefrenabile!
Così la decisione apparentemente libertaria di evitare il ricovero alla fine verrà a pesare proprio sulla donna stessa che si voleva rinfrancare. La don na si troverà sempre più sola con tutti i suoi problemi! Perché a quelli psicologici vanno ad aggiungersi quelli fisici, legati all’uso del farmaco abortivo, alcuni più banali (dolori, crampi addominali, nausea, vomito), altri più seri, a partire dalla metrorragia per finire allo shock settico. Contro il dramma dell’aborto la via vincente resta quella dei Centri di Aiuto alla Vita che, da altrettanti anni, danno una mano alle donne, liberando le dai condizionamenti che le inducono alla decisione di abortire e restituendo loro il coraggio di accogliere la vita nascente. Parimenti sarebbe opportuna una riforma dei consultori pubblici, affinché non siano i luoghi dell’aborto ma un’autentica alternativa, proprio nel rispetto di tutto quel che prescrive la legge 194/78. Può anche essere che, secondo una certa ottica, il parere del Consiglio Superiore di Sanità, da cui la decisione ministeriale, garantisca una maggior tutela dei diritti sessuali e riproduttivi della donna, come hanno tenuto ad enfatizzare i sostenitori di una maggior liberalizzazione.
A mio parere contro il dramma dell’aborto la via vincenteè quella di promuovere con coraggio l’accoglienza della vita attraverso una indispensabile riforma dei servizi consultoriali che dovrebbero diventare risorsa per la salute delle donne e forieri di serenità familiare.
La donna è sconfitta quando rivendica, come diritto, l’aborto! Di fatto diventa strumento per distruggere la vita e, con essa, l’autenticità di tutti i valori umani. Uno Stato che rinuncia a punire l’aborto non deve mai rinunciare a difendere il diritto alla vita con tutti i mezzi di maggiore efficacia e di più alto profilo.
Il mondo cattolico avrà sempre presente le parole di Papa Francesco, pronun ciate alle associazioni dei medici cattolici nell’udienza del 28 maggio 2018: “La Chiesa è per la vita, e la sua preoccupazione è che nulla sia contro la vita nella realtà di una esistenza concreta, per quanto debole o priva di difese, per quanto non svi luppata o poco avanzata”.
Dott. Filippo Maria Boscia
Presidente AMCI (medici cattolici italiani)