“ La legge sulle DAT e il Giuramento di Ippocrate”
Riguardo alla recente proposta di legge sul fine vita e le dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT), in questi giorni abbiamo assistito a dibattiti accesi e sentito anche molte opinioni, concetti etici e morali, posizioni politiche, articoli di fondo di prestigiosi giornalisti ed opinionisti
Sembrerebbe quasi che ci sia uno scontro aperto tra medico e paziente, riguardo alla scelta delle terapie. Vorrei tranquillizzare tutti. I pazienti (almeno nella mia esperienza e nella stragrande maggioranza dei casi), hanno fiducia nei propri medici. Ed i medici non sono favorevoli a cure inappropriate e/o sporpositate. I medici sono i primi a ricercare una totale collaborazione con il paziente, a concordare con lui un piano terapeutico condiviso e a ricercare un’alleanza terapeutica, e questo sempre e solo nell’interesse del paziente.
Noi medici cattolici e non, siamo tutti contrari a forme di accanimento terapeutico che possano sono prolungare le sofferenze e l’agonia di un paziente, ma al tempo stesso siamo anche contrari all’abbandono terapeutico.
Per cui io personalmente rimango fedele a quel Giuramento di Ippocrate che proclamai nel 1985, con po’ di emozione, e al quale giurai fedeltà, quando entrai a far parte dell’Ordine dei Medici e cui si afferma che: “Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo.”
Quindi questi concetti morali esistevano già prima della venuta di Cristo e poi, con l’avvento del Cristianesimo, la vita è addiritura diventata anche sacra: un dono di Dio. E questo anche se, nella nostra cultura dominante di cui è espressione questa nuova legge, si sta sempre più diffondendo l’idea secondo cui il medico – come ogni altro professionista – debba essere solo un prestatore d’opera, un mero esecutore ed offrire quindi le sue prestazioni professionali, senza giudicare o mettere in alcun modo in discussione le richieste dei suoi pazienti, qualunque esse siano, e magari anche contrarie all’etica e al bene ed interesse del paziente stesso.
In base a queste considerazioni possiamo quindi affermare che questa legge non ha nulla di etico o di morale e non può pertanto essere considerata una legge civile, in quanto va soprattutto contro l’interesse del paziente, più che quello del medico, e questo solo in nome di una falsa libertà: la libertà di morire.
Dott. Franco Balzaretti
Vicepresidente AMCI