Domenica 3 maggio 2020
IV Domenica di Pasqua
Giornata mondiale per le vocazioni
Vangelo del rito ambrosiano: Giovanni10, 11-18
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai farisei: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
Vangelo del rito romano: Giovanni 10,1-10
In quel tempo, Gesù disse:
«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
Commento
Nella giornata mondiale per le vocazioni la liturgia ambrosiana ci fa leggere questo bel passo di Giovanni 10, 11-18, quella romana il passo che precede immediatamente. Si tratta però di un unico discorso e perciò lo trattiamo insieme.
Gesù è la porta che conduce al pascolo dove si trova il cibo necessario per vivere.
Il suo desiderio è quello di dare vita alle pecore, una vita abbondante.
Se ognuno di noi si domandasse che cosa vuole Gesù da noi… preferisco però la formula più personale, quella del Cor ad cor loquitur (un cuore che parla al cuore), quindi ricominciamo daccapo:
Se tu ti domandassi che cosa vuole Gesù da te, qui avresti la risposta: niente.
Egli vuole solo donare. Sarai poi tu a capire che è meglio vivere come vive lui.
Il comportamento di Gesù è messo in parallelo a quello del ladro che ruba, uccide e distrugge.
Chi erano i ladri al tempo di Gesù? Chi sono nel nostro tempo? Non cerchiamoli solo fuori di noi, perché anche noi stessi ci siamo messi a servizio dell’idolo dell’autorealizzazione e, forse, siamo diventati anche noi un poco predatori.
Tra Gesù e le pecore c’è un elemento di comune riconoscimento: la voce. Vuol dire che la relazione non è superficiale, ma profonda. Ricordate Maria Maddalena che riconosce Gesù risorto quando si sente chiamata per nome?
Ancor di più: il pastore le chiama tutte per nome. Le conosce una per una e ne conosce l’identità intima.
Anche noi siamo conosciuti così da Gesù. Qui mi fermo un istante per la commozione e la bellezza di questo passaggio. Non passate oltre per favore: pensateci.
Adesso che ci avete pensato, avete sicuramente compreso che il punto sta se noi ( tu, io) abbiamo voglia di entrare con lui in un dialogo profondo, che non ha paura di lasciarsi illuminare dal suo sguardo.
Scopriamo che potremmo avere paura.
Paura che non dovrebbe esserci, perché il pastore per le pecore è disposto a morire. Il suo progetto è che abbiamo la vita in abbondanza.
Eppure, abbiamo paura. Che anche noi siamo coinvolti in un dono d’amore vero e perdiamo il controllo della nostra routine? E lasciamo senza risposta quella voce che pur riconosciamo, anzi proprio perché la riconosciamo la lasciamo senza risposta, come Adamo dopo il peccato.
Così lasciamo cadere il tesoro della vocazione all’amore, dono grande, che Cristo regala a tutti noi, che è poi il fondamento di ogni vocazione specifica. Si dice che mancano le vocazioni al sacerdozio, alla vita religiosa, al matrimonio, in realtà mancano le persone che vogliono amare sul serio.
Buona domenica a tutti
Don Michele Aramini