Cari amici
Siamo entrati nella settimana santa 2020, che si presenta spogliata di molte cose tra cui quella più visibile per i cristiani è la spogliazione delle celebrazioni pasquali.
Ma siamo spogliati anche di tante altre cose essenziali: per i fratelli e le sorelle morte, la spogliazione è stata della stessa vita. Siamo spogliati poi della vicinanza con chi soffre e si potrebbero elencare tante altre spogliazioni che pesano soprattutto sulle categorie più deboli spogliate anche di un tetto e perfino del cibo. Le nostre normali libertà di movimento e di incontro sembrano un ricordo.
Ma tutto questo è accaduto senza che lo volessimo. Non l’abbiamo chiesto e adesso che lo conosciamo siamo certi che non l’avremmo mai chiesto.
La settimana santa, ci mostra invece quello che è successo a Colui che volontariamente si è spogliato di ogni cosa, compresa la sua stessa vita.
Leggiamo nella lettera ai Filippesi 2, 5-8
Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù:
egli, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo la condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Facciamo mente locale a quello che sta succedendo: saremmo stati sani di mente se avessimo chiesto ciò che ci accade?
Questa semplice domanda ci fa comprendere quanto assurda, folle, incomprensibile ci appare la scelta del Figlio di Dio.
Come si fa a spogliarsi di tutto? forse capiremmo se lasciassimo i beni materiali, ma la vita? e non solo, in quel modo: l’innocente trattato da malfattore. Ancora di più: la stessa condizione divina. Spogliamento incomprensibile!
Ciononostante non ci facciamo più caso, ci siamo abituati. Non comprendiamo più che il nostro Dio si è fatto debole, ultimo degli ultimi (e in questo fa compagnia e abbraccia tutti quelli che sono morti in solitudine in questi giorni).
Per chiamare Dio usiamo l’aggettivo onnipotente, ovviamente è una parola giusta in astratto.
In concreto quando Dio ci viene incontro si fa debole, anzi debolissimo. Si può rifiutare, gli si può sputare in faccia, lo si può mettere in croce.
E lui porgerà l’altra guancia o dirà: “Padre perdona loro, perché non sanno quello che fanno”.
Qualcuno potrebbe dire: Va bene, per Gesù le cose stanno così, ma suo Padre è onnipotente, perché non l’ha salvato e perché non salva noi dal virus di questi mesi?
È la solita domanda che scarica su Dio ogni responsabilità e dice: Dio, l’onnipotente, dov’è?
Permettetemi di aprire una breve parentesi: perché quando bevevamo l’aperitivo e milioni di persone morivano di fame non ci siamo chiesti dov’è Dio? Perché quando siamo piacevolmente in vacanza non pensiamo a chi muore perché gli manca un antibiotico di pochi centesimi e non proviamo scandalo? È solo quando la nostra carne viene toccata che ci chiediamo Dio dov’è? E noi dove eravamo e dove siamo?
Dopo questa digressione, parliamo del Padre. Egli è onnipotente o è debole come Gesù? Vorrei ascoltare la vostra risposta.
Non posso aspettare.
Ascoltiamo Gesù: “Chi ha visto me, ha visto il Padre” (Gv 14, 9). Da qui dobbiamo partire per rispondere.
C’è perfetta somiglianza tra Gesù e il Padre (lo stesso si deve dire dello Spirito Santo). Quindi il Padre è come Gesù, anche il Padre si spogliato dell’onnipotenza e si è fatto come Gesù. La Trinità tutta intera: Padre, Figlio e Spirito si spoglia nel suo venire incontro a noi uomini. Solo l’amore e il servizio saranno la sua forza. Una forza debole di fronte alla violenza e all’ingiustizia umana, ma l’unica capace di vincere la morte, perché il Dio debole è un Dio che ama totalmente. Dove c’è l’amore di Dio nella sua pienezza la morte è sconfitta. L’amore fa risorgere, qui sta l’onnipotenza di Dio, nessuno potrà strapparci al suo amore. La croce è allora la rivelazione della natura intima di Dio, il suo essere un Dio che si spoglia di se stesso per servire l’uomo.
Dov’è Dio in questo momento? Dove sta sempre: accanto a noi, nel nostro intimo. E che cosa sta facendo? Quello che fa sempre: ci rende capaci di amare, che è l’unica cosa che conta e dà speranza, ci sta invitando a risorgere, ma Egli è sempre debole e aspetta che gli diciamo di sì.
Allora questa settimana sarà tempo di dialogo intimo con il Signore, dialogo in cui accettiamo sul serio di somigliargli.
Un abbraccio a tutti
Don Michele Aramini