Nell’udienza al cardinale Angelo Amato, il Papa ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare i Decreti riguardanti le virtù eroiche di tre Servi di Dio: due sono medici, un laico e un missionario comboniano, e un religioso lasalliano. Diventano, dunque, Venerabili. Ce ne parla Sergio Centofanti:

Tra i nuovi Venerabili Servi di Dio, c’è padre Giuseppe Ambrosoli. Comasco, suo padre è il fondatore della nota industria italiana del miele, ma lui sceglie un’altra strada: diventare medico e poi missionario comboniano. Parte per l’Uganda nel 1956 all’età di 32 anni, spinto da una consapevolezza: “Dio è amore, c’è un prossimo che soffre e io sono il suo servitore”. Per oltre 30 anni, la gente lo chiama il “medico della carità”. Fa nascere dal nulla l’ospedale di Kalongo, nel Nord dell’Uganda. Passa tantissime ore in sala operatoria, non risparmia fatiche, incurante dei rischi perché imperversa la guerra civile. Si ammala ma convince i superiori a non trasferirlo. Muore nel 1987 nella Diocesi di Lira.  Ancora oggi l’ospedale è un punto di riferimento per tutti i malati della regione: sostenuto dalla Fondazione Ambrosoli, ha 210 dipendenti, quasi tutti ugandesi.

Proclamato Venerabile anche il chirurgo tedesco Heinrich Hahn, vissuto nel 1800. Uomo di profonda fede, sposato, padre di 10 figli, esercita la sua professione medica prendendosi cura in particolare dei più poveri. Un Giuseppe Moscati in Germania. Alla professione sanitaria affianca l’attività scientifica con la pubblicazione di un apprezzato studio sulla meningite tubercolotica. Fonda l’associazione missionaria San Francesco Saverio e l’Istituto Giuseppino per accogliere i malati incurabili. Impegnato anche in politica, per circa quarant’anni è assessore ad Aquisgrana e per tre anni deputato al parlamento di Berlino.

Infine, tra i nuovi Venerabili c’è fra Adolfo, spagnolo, religioso professo dell’Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, i lasalliani. Vissuto nel secolo scorso, insegna per 40 anni nel Collegio La Salle-Montemolin. E’ un grande maestro, ma soprattutto un testimone e un modello di vita, grande esempio di equilibrio e serenità. Vive amando Dio e gli altri come fratelli. Insegna con dolcezza, guarda dentro i cuori, perché si aprano a Cristo.

http://it.radiovaticana.va/news/2015/12/18/venerabili_due_medici_padre_ambrosoli_e_heinrich_hahn/1195264

http://www.fondazioneambrosoli.it/

http://heinrich-hahn.kibac.de/seiten/leben-des-dr–heinrich-hahn/index.html

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Il Servo di Dio Missionario P. Giuseppe Ambrosoli: Volto misericordioso di Cristo fino alla morte per i sofferenti

Tempo di addestramento (Germania 1944)

“Padre Giuseppe Ambrosoli, allora giovane studente di medicina, fu portato in Germania in un campo di addestramento nell’aprile del 1944. Aveva 21 anni. In una situazione difficile e incerta come quella, sorprende la sua maturità umana e spirituale. Fin da allora ebbe l’abitudine di nascondere gli atti più eroici col manto della semplicità. In un piccolo quaderno di note spirituali del 1947, consegnerà allo scritto le ragioni del suo comportamento nei confronti dei suoi compagni di campo. ‘Non importa – scriveva Giuseppe – se non riuscirò a convertire quelli che sono lontani da Gesù. Resterà però sempre nell’animo loro una traccia, una breccia fatta dall’amore, non quello mio, umano, ma quello di Gesù che ha infiammato il mio cuore. Devo vivere la carità di Cristo in ogni momento, in ogni ambiente in cui mi trovo.’

Il dott. Luciano Giornazzi, compagno di sventura di Giuseppe, porta un ricordo indelebile. ‘Ho conosciuto padre Ambrosoli – scrive il dottore – nel lontano 1944, nel Krieggefangenlager di Heuberg-Stetten dove eravamo giunti: io, come deportato per renitenza alla leva, e lui volontariamente perché si era presentato al distretto per rispetto alla legge di allora. Abbiamo trascorso laggiù un anno e poco più, fianco a fianco, subendo un tipo di vita non dei migliori: lavoro manuale e addestramento paramilitare (eravamo tutti studenti iscritti alla Facoltà di Medicina delle varie regioni di provenienza), tanta fame e una discreta dose di maltrattamenti, più morali che materiali. Io ho vissuto tutto quel triste periodo nella stessa baracca con padre Ambrosoli e alla fine della guerra quando, dopo molte traversie, siamo tornati alla vita normale la figura di quel ragazzo mi è rimasta nella mente e nel cuore. Lo ricordo quando alla sera, stanchi e sempre affamati, ci mettevamo sui castelli. Lui costantemente chiedeva a ognuno di noi se avessimo bisogno di qualcosa: era sempre pronto ad ogni richiesta nonostante fosse stanco e affamato come noi. Ed ecco Ambrosoli col secchio che corre a prendere acqua pulita, fuori, lontano dalla baracca, d’estate e d’inverno. Eccolo mentre aiuta qualcuno di noi a lavarsi per essere pronto all’ispezione (un ritardo o inadempienza significava infatti punizione per tutta la baracca). Mi sembra di vederlo ancora mentre consola fraternamente quello fra noi (ed era abbastanza frequente!) che lasciava scorrere sommessamente qualche lacrima nel ricordo dei nostri cari lontani o, alla fine del nostro scarso rancio, ritirarsi sul proprio pagliericcio e a voce alta recitare qualche preghiera nell’indifferenza totale. Eccolo mentre rimprovera qualcuno di noi che impreca contro la malasorte che ci ha portati, volenti o nolenti, in quel maledetto posto: ha una buona parola per tutti e alla fine riesce a calmare la rabbia, il dolore, l’ansia. Lo ricordo durante una marcia di addestramento (15 km!) quando si carica anche del mio zaino per un improvviso dolore al ginocchio che mi impediva di reggere l’andatura del gruppo. Arrivati nella baracca, me lo ricordo chino sui compagni più stanchi a lavare loro i piedi. Più tardi, in altra occasione, allorché giacevo in infermeria con febbre alta, incapace di muovermi, per quasi un mese di fila mi ha portato il rancio due volte al giorno: sempre con il sorriso sulle labbra, sempre con qualche parola di incoraggiamento. Insomma per farla breve Ambrosoli durante quel periodo è sempre stato a disposizione di tutti. Era diverso da noi. Aveva una marcia in più, morale e materiale, che certamente gli veniva dalla sua permanente serenità. Il suo comportamento verso il prossimo mi ha confermato che i santi esistono ancora ai nostri giorni.” 

Preghiera:

O Padre, tu guardi compassionevole ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e mostri la tua benevolenza nell’opera di chi si dedica ad alleviare l’altrui sofferenza. Ti ringraziamo per aver suscitato la vocazione missionaria e sacerdotale nel cuore del giovane medico Giuseppe Ambrosoli. Egli riconobbe la vera ricchezza dell’uomo nell’amicizia con Cristo e ha fatto dono della sua professione ai fratelli più poveri. Ci uniamo con tutti coloro che in terra d’Africa lo invocano e riconoscono in lui un umile e accogliente servo del Signore, perché nella Chiesa brilli il suo esempio di fedeltà a Gesù Cristo e la sua vita di lavoro nella dedizione alla carità appaia, come fu, amore supremo verso i fratelli. Te lo chiediamo per Gesù Cristo, tuo Figlio, che vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.

P. Giuseppe, che hai fatto dono della tua professione ai fratelli più poveri.
Aiutaci a capire la verità del Vangelo e a operare nella carità.

Biografia del Servo di Dio

Disponibilità e umile servizio furono le maggiori caratteristiche che contrassegnarono la vita del medico missionario comboniano, padre dott.. Giuseppe Ambrosoli. Nato a Ronago (Como, Italia) il 25 luglio 1923 è morto a Lira (UGANDA) il 27 marzo 1987. Il processo di canonizzazione è iniziato il 22 agosto 1999 nella parrocchia di Kalongo (Nord-Uganda) dove ha sede l’ospedale da lui fondato.

Preparato dalla Pontificia Università Urbaniana,
con la collaborazione degli Istituti Missionari.

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