FEAMC symposium: Challenges of competence and compassion in contemporary medicine
Assisi, 27-29 May 2022
Homo patiens e homo compatiens. Psichiatria e misericordia.
Dr. Ermanno Pavesi
- Cristianesimo e medicina
Il cristianesimo ha modificato radicalmente l’approccio medico dell’antichità. Anche prima del cristianesimo si erano sviluppate tanto una teoria quanto una pratica medica, ma nella concezione della malattia era presente l’idea che alla sua origine ci potesse essere una trasgressione della legge, naturale o divina. Nella Bibbia, il libro Siracide afferma: “Chi pecca contro il proprio creatore cade nelle mani del medico” (Sir 38, 15).
Alcuni passi dei vangeli hanno modificato questa prospettiva. Nell’episodio dell’uomo cieco dalla nascita, per esempio, ai discepoli che gli domandavano: “Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?” e quindi erano convinti che la causa di questa malattia fosse la trasgressione di una legge divina, Gesù rispose: “Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio” (Gv, 9. 1-3). Certamente, per la tradizione biblica malattia e morte sono entrate nella storia a causa di un peccato, ma del peccato originale, per questo la condizione dell’uomo è caratterizzata da fragilità, da instabilità, cioè da infermità. San Giovanni Paolo II ha dichiarato che: “Se è vero che la sofferenza ha un senso come punizione, quando è legata alla colpa, non è vero, invece, che ogni sofferenza sia conseguenza della colpa ed abbia carattere di punizione”. La malattia non dipende necessariamente dal comportamento individuale, ma piuttosto da una condizione che riguarda potenzialmente ogni essere umano e che, quindi, non deve indurre a giudicare moralmente l’ammalato o addirittura a discriminarlo, ma a provare solidarietà e a prendersene cura, come mostrano altri passi dei vangeli.
La parabola del buon Samaritano introduce la nozione di prossimo: l’amore non può essere riservato unicamente ai familiari o alle persone che fanno parte di una cerchia che possiamo definire dei ‘nostri’, ma anche a ogni essere umano. La parabola mostra anche l’importanza della medicina non solo come tecnica, ma anche come cura, come preoccupazione per il prossimo, come compassione. Il testo dice: “[…] lo vide e ne ebbe compassione, […] lo portò a una locanda e si prese cura di lui” (Lc, 10, 33-34), e lo affida poi alle cure dell’albergatore: “Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più te lo rifonderò al mio ritorno” (Lc, 10, 35). Comunemente il personale sanitario si identifica con il Samaritano e in diversi paesi volontari della sanità hanno scelto proprio di chiamarsi Samaritani mentre la figura dell’albergatore rimane spesso nell’ombra. Esistono, però, icone che rappresentano il Samaritano come Cristo, e noi medici, come tutto il personale sanitario, ci possiamo riconoscere nell’albergatore alle cui cure Gesù stesso affida il sofferente. Il medico riceve il suo compenso e il suo onorario, il medico cattolico mostra compassione e misericordia se è disposto a fare più di quanto pattuito, cioè di quanto previsto dal contratto di lavoro, sapendo che proprio questo “in più” sarà onorato al Suo ritorno. Questo passaggio ci indica anche quale spirito deve animare l’attività del medico. Come nella parabola del giovane ricco Gesù riconosce il valore dell’adempimento del proprio dovere, ma invita anche a impegnarsi e a donarsi di più. Se siamo diventati medici è perché Dio ci ha dato i talenti necessari, noi dobbiamo farli fruttare e un giorno dovremo rendere conto dell’uso che ne abbiamo fatto.
Il nuovo atteggiamento nei confronti degli infermi ha coinvolto non solo i singoli ma anche tutta la comunità cristiana. Il papa emerito, Benedetto XVI, nell’enciclica, Deus caritas est, dopo aver ricordato che già in epoca apostolica la preoccupazione comunitaria per le persone fragili aveva portato alla nascita della diaconia, scrive: “Con la formazione di questo consesso dei Sette, la «diaconia» — il servizio dell’amore del prossimo esercitato comunitariamente e in modo ordinato — era ormai instaurata nella struttura fondamentale della Chiesa stessa. Con il passare degli anni e con il progressivo diffondersi della Chiesa, l’esercizio della carità si confermò come uno dei suoi ambiti essenziali”. L’enciclica sottolinea due caratteristiche del nuovo approccio: l’attività viene svolta comunitariamente, cioè non è un’attività unicamente individuale e in modo ordinato, cioè organizzato e strutturato. Pio XII ha ricordato un passaggio decisivo della storia della Chiesa e dell’assistenza sanitaria: “[…] quando la Chiesa poté svilupparsi e ordinarsi liberamente, sorsero anche i primi nosocomi. Così l’ospedale eretto verso l’anno 370 in Cesarea dal grande Vescovo S. Basilio era un’intera città, […] in cui venivano curate tutte le malattie, compresa la lebbra”; questa struttura, chiamata Basiliade rappresenta anche il primo ospedale nella storia dell’umanità. La locanda della parabola è diventata un ospedale, e si deve ricordare che ospedali in Francia erano chiamati Hôtel-Dieu e che luoghi di cura erano anche chiamati domus Dei.
- I progressi della medicina moderna
I progressi scientifici a partire dall’inizio dell’epoca moderna hanno avuto considerevoli ripercussioni sulla visione dell’uomo e sulla medicina. I progressi della fisica hanno consentito di spiegare funzioni del corpo umano utilizzando la metafora della macchina. Il filosofo francese Réné Descartes, noto anche come Cartesio, ha considerato il corpo umano come una macchina regolata da leggi meccaniche, e le ha attribuito anche tutte le attività psichiche irrazionali, separandole nettamente dall’attività psichica cosciente. È nata così una corrente particolare di medicina, la iatromeccanica. Col tempo, però, i progressi della scienza hanno mostrato l’inadeguatezza della fisica e delle leggi meccaniche per spiegare i processi organici. Il passaggio successivo è stata la valorizzazione dei processi chimici e, quindi, la nascita della iatrochimica. Ulteriori progressi della scienza hanno consentito di identificare funzioni e disfunzioni dei differenti organi in strutture sempre più piccole, a livello cellulare e subcellulare.
In questo processo plurisecolare l’interesse del medico si è focalizzato sempre più sui processi patologici, mentre l’homo patiens è passato in secondo piano, diventando il portatore passivo di una patologia e spettatore della lotta contro la malattia del medico, sempre più tecnico e sempre meno homo compatiens.
Nel XIX secolo c’è stata una svolta radicale nell’ordinamento degli studi universitari di medicina: fino al 1860 gli studenti di medicina sostenevano come primo importante esame propedeutico per le discipline cliniche un esame di filosofia, il tentamen philosophicum. Successivamente il philosophicum è stato sostituito dal tentamen phisicum, che aveva come materia d’esame le scienze naturali: per lo studio dell’uomo malato sembrava più importante partire dalle scienze naturali piuttosto che da una visione più generale, anche antropologica. Questo approccio naturalistico è ben caratterizzato da un principio espresso da uno dei più importanti medici tedeschi del tempo, Rudolf Virchow (1821-1902): “Lo scienziato conosce solamente corpi e proprietà di corpi, definisce come trascendenza ciò che supera questo ambito e considera la trascendenza come un’aberrazione dello spirito umano”. La medicina è diventata sempre più una tecnica e sempre meno un’arte.
Negli ultimi anni c’è stata però un’altra tendenza: in nome del principio di autonomia il paziente si è trasformato in molti paesi in un utente del servizio sanitario, un cliente con il diritto di pretendere le prestazioni che desidera, anche se si tratta di interruzione di gravidanza, cambiamento di sesso, eutanasia o suicidio assistito. Il medico si trova spesso nella condizione di operatore sanitario, stretto tra imposizioni del servizio sanitario e richieste del paziente.
- Misericordia e psichiatria
Il problema della dimensione personale del paziente è particolarmente importante in psichiatria, dove il rapporto interpersonale è fondamentale.
In psichiatria si sono affermati alcuni importanti approcci, quello biologico, psicoanalitico, behavioristico e sistemico, purtroppo tutti hanno una caratteristica comune: l’esclusione della dimensione personale dell’uomo che sarebbe dominato da meccanismi biologici, o il suo comportamento sarebbe costituito da reazioni a stimoli esterni, la psicologia del profondo lo considera un apparato psichico formatosi nel corso dello sviluppo, e per Sigmund Freud l’Io non è padrone in casa propria, secondo la teoria sistemica, poi, l’individuo interpreta un ruolo che gli è stato assegnato, se non imposto, dal sistema sociale. Negli ultimi anni ci sono stati tentativi di superare i confini netti tra le varie scuole con la loro integrazione in un approccio bio- psico-sociale, ma la somma di alcuni riduzionismi non può offrire una visione integrale, che può esserla solo se non considera l’Io e la vita umana unicamente come il risultato passivo di forze differenti, ma riconosce l’esistenza di un nucleo spirituale che, anche se esposto a varie influenze, è capace di scelte autonome e responsabili, cioè che il paziente è una persona.
Solo se il paziente non viene considerato semplicemente un meccanismo da riparare, un apparato psichico da decostruire e da rieducare, un elemento di un sistema da riequilibrare, è possibile un rapporto da uomo a uomo, da persona a persona.
Per capire come si può concretizzare la misericordia nella pratica medica ci si può affidare al Catechismo della Chiesa Cattolica che ne fornisce tanto una definizione quanto un elenco: “Le opere di misericordia sono azioni caritatevoli con le quali soccorriamo il nostro prossimo nelle sue necessità corporali e spirituali”. Mi soffermo solo su quelle spirituali: “Istruire, consigliare, consolare, confortare sono opere di misericordia spirituale, come pure perdonare e sopportare con pazienza” (N. 2447). Questo elenco può aiutarci a fare un esame di coscienza, a riflettere come possiamo praticare queste opere di misericordia nell’esercizio della nostra professione, e non solo nei confronti dei nostri pazienti, ma anche dei nostri collaboratori e dei nostri superiori, e possiamo chiederci se, per esempio, abbiamo sempre sopportato con pazienza. Il verbo confortare non è solamente un sinonimo di consolare, ma contiene la stessa radice di forza, e quindi significa, dare forza, incoraggiare e questo è importante soprattutto nelle situazioni difficili, dove invece sarebbe più facile lamentarsi delle inadeguatezze delle strutture in cui lavoriamo.
Nel caso di pazienti psichiatrici abbiamo a che fare certamente con casi clinici, nei quali i disturbi hanno trasformato tratti individuali del paziente in sintomi, sintomi che limitano la sua libertà di pensare e di agire, e in un certo senso lo hanno depersonalizzato, per questo è necessario anche un approccio scientifico, l’homo patiens, però, non solo soffre, patisce ed è soggetto a una malattia, ma è confrontato con il senso della malattia, della sofferenza e quindi anche della vita, soprattutto in una società in cui spesso la questione del senso ultimo dell’esistenza viene eluso. Il medico può istruire, consigliare, consolare e confortare solamente se considera il paziente come una persona e se la storia di un caso clinico diventa la storia di un individuo con la sua la sua sofferenza.
Quanto il Padre del deserto Evagrio Pontico (345-399) ha scritto a proposito della ‘terapia’ delle malattie spirituali, penso che valga anche per l’opera di misericordia della cura delle malattie in generale:
“Senza rendersene conto chi cura gli uomini per amore del Signore cura anche sé stesso; perché il rimedio che applica sana il suo prossimo per quanto possibile, ma fa necessariamente bene alla propria anima”.
Summary
Solidarity is a universal phenomenon but in pre-Christian times, assistance to patients was above all a task of the family. The parable of the good Samaritan teaches that we must help all suffering people, not only those we are particularly attached to. This willingness to assist ‘anyone’ as person created in the image and likeness of God and to consider everyone as ‘neighbor’ constitutes the novelty of the Christian message which has materialized in the creation of institutions for the assistance to many forms of suffering.
The scientific developments of the last few centuries have radically changed the doctor-patient relationship: the doctor’s activity has become increasingly technical to the detriment of his personal relationship with the patient. In psychiatry, a personal and compassionate relationship with the patient is an essential element of therapy and the list of works of mercy in the Catechism of the Catholic Church can help us understand how compassion can be exercised practically: “The works of mercy are charitable actions by which we come to the aid of our neighbor in his spiritual and bodily necessities. Instructing, advising, consoling, comforting are spiritual works of mercy, as are forgiving and bearing wrongs patiently”.
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