Dott. FRANCO BALZARETTI

VICEPRESIDENTE NAZIONALE AMCI

L’ANZIANO: RISORSA E VALORE DA DIFENDERE.

In una visione unitaria dell’uomo, la bioetica della senescenza, si potrebbe proiettare in due direzioni, che non sono contrastanti tra di loro:

1) PREVENTIVA: certamente la prevenzione rappresenta la direzione più efficace e corretta per consentire un invecchiamento accettabile, ma soprattutto un’autosufficienza ancora valida, seppure ridotta e limitata. Eppure permangono delle difficoltà ed alcuni ineludibili ostacoli, ancora tutti da verificare e rimuovere, per un’adeguata prevenzione.

2) CURATIVA o RIPARATIVA: mentre per l’altra direzione curativa ed assistenziale, dei danni intervenuti nella senescenza si deve agire non solo nella terapia vera e propria, ma anche nel conservare, il più possibile, la dignità della persona anziana. E in questo contesto l’«OPTIMUN» è ovviamente l’assistenza familiare, in cui l’anziano ritrova alcune indispensabili motivazioni morali, per la conservazione dei valori della sua dignità umana!

Con l’invecchiamento della popolazione mondiale (e soprattutto quella ITALIANA tra le più longeve. Appena dopo la Spagna (84 anni), c’è infatti l’Italia (83,8 anni)), le cure per gli anziani stanno quindi diventando, per noi, una questione cruciale ed ineludibile. Ed ecco che le sale d’attesa dei nostri ambulatori ospedalieri (e dei medici di famiglia) sono sempre piene di gente e soprattutto di anziani, sempre più numerosi, ma anche più fragili e, proprio per questo, più bisognosi di cure mediche e di assistenza. Ed infatti l’invecchiamento della popolazione determina anche una profonda trasformazione epidemiologica: si manifestano ed acuiscono molte affezioni cronicodegenerative. Ma, oltretutto l’aumento dell’aspettativa di vita, che è un fondamentale indicatore del progresso e di un miglioramento della qualità delle cure, della sanità e degli stili di vita, si traduce anche in un inevitabile invecchiamento della popolazione. Nei prossimi decenni la percentuale di persone abili al lavoro andrà a ridursi notevolmente. Nel 1951 ogni 100 giovani in età lavorativa c’erano 31 anziani, al 1° gennaio 2024 sono diventati 200.

E secondo le proiezioni Istat, nel 2050 saranno più di 300. Ed intanto assistiamo, viceversa, ad un notevole calo delle nascite nel 2023 in Italia, i nati sono stati 379mila, con un tasso di natalità pari al 6,4 per mille (era 6,7 per mille nel 2022); la diminuzione rispetto al 2022 è di 14mila unità (-3,6%). Mentre dal 2008, ultimo anno in cui si è assistito in Italia a un aumento delle nascite, il calo è di 197mila unità (-34,2%). 2 Ed ecco che la sostenibilità della sanità pubblica risulta chiaramente indebolita da una maggior richiesta di risorse per gli anziani, che sono in chiaro aumento, Anziani che evidentemente richiedono un maggior impegno di spesa per le cure mediche e per la loro assistenza.

Ad aggravare questi problemi, c’è anche la progressiva carenza di medici e infermieri, a causa di una erronee programmazioni avvenute negli ultimi decenni. In Italia ci sono 4,1 medici x 1000 abitanti (in media con gli altri paesi OCSE anche se in continua diminuzione) mentre gli infermieri sono 6,2, ben al di sotto della media OCSE di 9,9 . Per cui è vero, si evidenziano, indubbiamente, delle gravi carenze di medici e soprattutto di infermieri. Ed ai vari concorsi, in alcune discipline, c’è spesso una scarsa partecipazione, con la conseguente impossibilità di ricoprire i posti vacanti. Ma il problema non è solo questo: c’è bisogno di un’adeguata formazione del personale sanitario; e non solo professionale, ma soprattutto umanistica: di un nuovo umanesimo. E quindi se le risorse umane, oltre che quelle economiche e strutturali, sono sempre più limitate ed insufficienti, aumentano di conseguenza, le liste di attesa; e questo soprattutto a scapito dei più fragili e bisognosi, come gli anziani; si creano così divari sempre maggiori, tra le varie classi sociali, con il conseguente aumento delle disuguaglianze.

La Spesa sanitaria out of pocket (e quindi pagata di tasca propria) nel 2022 è stata di 36,8 miliardi di € (+8,3%) e 4,7 miliardi di intermediata, di cui la metà per visite e interventi. Per cui la spesa sanitaria privata dopo un calo nel 2020, complice la sospensione di molte prestazioni a causa della pandemia, sin dal 2021 è tornata a crescere, passando da 40,8 miliardi di euro del 2019 ai 41,5 miliardi di euro nel 2022, superando così i valori pre-covid. È rimasto tuttavia costante il rapporto fra le due componenti che costituiscono la spesa sanitaria privata: la quota intermediata da forme di sanità integrativa, pari nel 2022 al solo 11% del totale, e la quota di spesa out-of-pocket, cioè i costi che le famiglie italiane hanno sostenuto direttamente per beni e servizi: pari circa all’89%.

Eppure, come sappiamo, l’art 32 della Costituzione sancisce che: ”La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Ed a ribadirlo il 23 dicembre 1978 veniva approvata la legge 833, con cui si istituiva il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), con un innovativo modello assistenziale; che, ancora oggi è imitato e copiato in molti Stati del mondo.

E questo perché consente una razionalizzazione della spesa sanitaria, attraverso la programmazione come strumento di controllo dell’impiego delle risorse e l’istituzione di un fondo sanitario nazionale unitario), e tutto questo consente una maggiore efficienza ed equità dei servizi. Questa è la strategia che si sta perseguendo per il futuro, grazie anche ai finanziamenti del Pnrr. Dopo le diverse modifiche e versioni, l’ 11 Marzo 2024 il Governo ha approvato poi definitivamente il Decreto Legislativo attuativo della Legge Delega 33/2023 di “Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane!” che diventa una legge del nostro Stato. E quindi un passo in avanti molto positivo, anche se con margini di miglioramento.

Molto positiva è la possibilità di avere dei piani sanitari personalizzati; mentre tra gli aspetti più critici, di questo testo normativo, si deve rilevare che i fondi per le sua realizzazione non saranno sufficienti. Come si può dedurre sarà quindi necessario riorganizzare e modernizzare tutto il sistema, puntando su digitalizzazione e TELEMEDICINA (Telehealth) – o medicina a distanza – che favorisce scambi di informazioni sui pazienti tra i vari professionisti del settore.

Lo abbiamo già sperimentato, per necessità, nel corso della pandemia, con risultati incoraggianti, e questo ha aperto dei nuovi scenari. Sì perché la telemedicina è una tendenza emergente nelle cure delle persone anziane, che consente ai pazienti di ricevere cure mediche in remoto. Questa tecnologia ha il potenziale per rivoluzionare le cure, fornendo ai pazienti l’accesso ai professionisti medici dal comfort delle proprie case. Ad esempio, un paziente con mobilità limitata può avere una consulenza virtuale con un medico, piuttosto che muoversi verso una struttura medica. Tutto questo va bene ed è ovviamente condivisibile, ma non possiamo assolutamente rinunciare al rapporto umano e alle relazioni interpersonali.

E vorrei, a tale proposito, sottolineare che a Vercelli è già stato realizzato un progetto di Telemedicina oncologica, dalla presidente AMCI di Vercelli De Marino, con un relativo corso di formazione FAD e si vorrebbe quindi realizzarne uno, come medici cattolici, anche per anziani e disabili. E quindi dovremo lavorare ed impegnarci tutti insieme: medici, operatori sanitari, amministratori, politici etc…; ecco perchè è molto importante oggi poterci trovare tutti attorno ad uno stesso tavolo. Proprio perchè ci sarà bisogno, di un’attenta progettazione, ma soprattutto di adeguati investimenti, che permettano un maggior impiego di risorse, economiche e di personale, ma come sappiamo non sarà facile!

Oggi si parla molto di Intelligenza Artificiale applicata all’assistenza degli anziani: e proprio di recente c’è stata l’approvazione una Legge ad hoc dell’Unione Europea. Mentre il 23 aprile 2024, anche l’Italia ha varato una sua legge sull’intelligenza artificiale (IA), superando l’AI Act europeo. Queste normative mirano a bilanciare innovazione e sicurezza con etica e protezione dei dati, anche perché le intelligenze artificiali, se ben regolamentate, potranno portare importanti benefici, soprattutto per gli anziani ed i più fragili! Sì tutto questo è vero, tuttavia le macchine non possono, né potranno mai, mai sostituire l’uomo ed il peculiare rapporto umano, che da sempre lega il medico al suo paziente e che è a mio avviso imprescindibile. Per quanto riguarda invece l’assistenza agli anziani assistita dai robot, rappresenta un’innovazione emergente, che consente di aiutare gli anziani nelle attività quotidiane e persino fornire compagnia. Ad esempio, il robot Mabu è stato progettato per fornire supporto emotivo e impegnarsi in una conversazione con i pazienti anziani.

Oggi molte donne e uomini “di mezza età” (e che spesso lavorano!) si trovano ad affrontare una sfida assai ardua: da una parte fare da genitori ai propri figli e nipoti; e dall’altra, ancor più difficile fare da genitori ai propri genitori.

Da qui la necessità di imparare a prendersi cura di chi prima si prendeva cura di noi: non è per nulla facile e non ci si inventa in questo ruolo, ma si deve fare. Spesso sentiamo parlare di famiglie abbandonate sì… ma a volte è anche l’anziano ad essere trascurato dalla famiglia! Nella cultura tradizionale gli anziani (l’ammalato e il debole) erano al centro della vita familiare. Mentre nella nostra cultura post-industriale sono spesso relegati ai margini, nel mesto ruolo di assistiti. Domina il mito della salute e … chi non è in grado di stare al gioco è tagliato fuori! E questo perché oggi viviamo in una società a due velocità, che rischiano di non incontrarsi mai. Da una parte la velocità dei giovani e sani che hanno sempre fretta: corrono da mattina a sera e non hanno mai tempo, hanno una giornata lunga, ma che non basta mai. Dall’altra c’è la velocità dell’anziano, della solitudine e della malattia di quelli che viceversa hanno la notte lunga che non passa mai.

Questa società a due velocità sta sotto il mito della salute, del benessere, del profitto e dell’edonismo. Il mito della seconda età o eterna giovinezza, che rischia di creare (o acuire): emarginazioni, dimenticanze e solitudini! Per cui come è stato proposto da molti, tra cui anche da mons. Paglia oggi qui presente, si parla oggi molto di cohousing per anziani. Si tratta di progetti abitativi caratterizzati da una forte integrazione sociale e basati sul supporto reciproco. Si condividono spazi comuni ed anche servizi. E così gli anziani soli possono aiutarsi gli uni con gli altri in molte attività quotidiane, collaborando tra di loro; supportati da figure professionali specifiche dedicate al lavoro domestico. Sono dei modelli abitativi molto diffusi in nord America e in Europa. Ed è un’esigenza che emerge anche in Italia e per questo sono nati progetti di senior cohousing in città del centro nord Europa. Questa è sicuramente una delle applicazioni più interessanti del cohousing in quanto gli anziani sono sicuramente fra le categorie più adeguate a vivere in strutture caratterizzate da spazi comuni, da forte integrazione sociale e supporto reciproco. Inoltre in numerosi senior cohousing sono previsti anche spazi per l’assistenza medica, oltre a spazi condivisi adibiti alla ginnastica e alle attività adatte alla terza età. Comunità a misura di età sono progettate per supportare le esigenze dei residenti anziani ed essere percorribili, accessibili e sicure per le persone di tutte le età. Queste comunità hanno spesso servizi come trasporti pubblici, alloggi a prezzi accessibili e accesso alle cure mediche.

In base a questi presupposti il futuro delle cure anziane sembra poter avere prospettive positive, da queste nuove tecnologie e approcci innovativi alle cure. Grazie a questi progressi, i pazienti anziani potranno ricevere le cure di cui hanno bisogno, per vivere una vita lunga ma anche più sana e motivata, senza gravare eccessivamente sulle risorse economiche della società. Ma ora ci chiediamo anche: cosa si aspetta un anziano dal medico? Cosa spera di trovare, umanità, professionalità o cos’altro? E’ curioso, tra l’altro anche osservare come, tra gli anziani presenti nelle sale di attesa, si crei solidarietà, scambi di pareri, chiacchiere. Come se la sala d’attesa fosse un di centro di socializzazione, un luogo dove sentirsi meno soli e poter condividere i propri problemi, la propria sofferenza e dove poter essere ascoltati. Magari criticando anche la sanità italiana o addirittura gli stessi medici che si apprestano a visitarli e curarli. L’anziano ha bisogno di parlare, di relazionarsi e soprattutto di essere ascoltato.

Il primo presupposto (ed esigenza) è rappresentato quindi dalla comunicazione, per cui il medico deve fare lo sforzo di poter adattare il suo linguaggio a chi si trova di fronte, deve considerare il livello di cognitività (e se è presente demenza?), i problemi sensoriali (vista e udito), i problemi psicologici (paura, ansia, etc.). E quindi il linguaggio deve essere chiaro, comprensibile e poco incline ai fraintendimenti; mai banale o con termini infantili. Si perchè, anche se è presente uno stato cognitivo alterato, l’anziano non è mai paragonabile ad un bambino cresciuto, ma è un adulto con il suo bagaglio di esperienze e di vita vissuta. Il medico e la sua predisposizione al colloquio vengono percepiti in modo empatico dall’anziano. E’ importante sapergli dedicare il tempo giusto, senza distrazioni, senza che squilli il telefono ogni momento, ripetere le domande se si ha l’impressione che non abbia compreso, non incalzarlo o mostrare fastidio se non risponde subito, essere disponibili a ripetere fino a che non abbia compreso, essere calmi e pazienti.

Non si deve mai allontanare il parente, a meno che non sia l’anziano a chiederlo, e mai parlare di lui in terza persona come se non fosse presente, interagendo solo con il familiare. Se anche il parente percepisce la buona qualità della relazione diventerà un ottimo alleato nel percorso di cura. Ecco cosa si aspetta l’anziano dal Suo medico, un rapporto di fiducia, un professionista in grado di accoglierlo e di ascoltarlo.

Ma, cari amici su una cosa non possiamo e non potremo mai avere dubbi noi medici (cattolici e non), in quanto deve e dovrà sempre rappresentare per noi un denominatore comune: la centralità dell’ammalato, in modo particolare dei più fragili e bisognosi (come sono gli anziani) e quindi il rispetto della sua dignità umana e, di conseguenza, anche il rispetto della Vita umana, di ogni Vita umana: dal concepimento fino al suo termine naturale.

Non si può infatti chiedere ad un medico di tradire la sua missione, la sua deontologia, la sua morale; e soprattutto non si può, né si potrà mai chiedergli di negare ad un paziente le cure necessarie, ed ancor più di sopprimere deliberatamente un altro uomo.

GIOVANNI PAOLO II nella sua lettera agli anziani di 25 anni fa (del 1999) affermava:

“A mano a mano che, con l’allungamento medio della vita, la fascia degli anziani cresce, diventerà sempre più urgente promuovere la cultura di una anzianità accolta e valorizzata, non relegata ai margini. L’ideale resta la permanenza dell’anziano in famiglia, con la garanzia di efficaci aiuti sociali, rispetto ai bisogni crescenti che l’età o la malattia comportano”

7 Sono concetti e parole profetiche, più che mai attuali oggigiorno e che dobbiamo quindi mettere in pratica nella vita di tutti i giorni, affinchè nessun uomo o donna, giovane o anziano si senta lasciato indietro!

Si cari amici, infatti non ci può e né ci potrà mai essere nessun scarto, perché non si possono mai scartare le persone, gli esseri umani. In una bellissima poesia di Spoon River (di Edgar Lee Master) si legge:

Quando ero giovane, avevo ali forti e instancabili, ma non conoscevo le montagne. Quando fui vecchio, conobbi le montagne, ma le ali stanche non tennero più dietro alla visione. Il genio è saggezza e gioventù.

Ed allora il compito di tutti è di fare in modo di unire, in qualche modo, le ali forti dei giovani alla conoscenza e saggezza degli anziani, perché si possa pensare ad una società migliore: più giusta e soprattutto più umana.

dott. Franco Balzaretti