Alle ore 12.00 di oggi, nella Sala Regia del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti alla XXX Conferenza Internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari sul tema “La cultura della Salus e dell’accoglienza al servizio dell’uomo e del pianeta” (Vaticano, 19-21 novembre 2015).
Riportiamo di seguito il testo del discorso che il Papa ha rivolto ai presenti:
Discorso del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle,
grazie per la vostra accoglienza! Ringrazio Sua Eccellenza Mons. Zygmunt Zimowski per il cortese saluto che mi ha rivolto a nome anche di tutti i presenti, e do il mio cordiale benvenuto a voi, organizzatori e partecipanti di questa trentesima Conferenza Internazionale dedicata a “La cultura della salus e dell’accoglienza al servizio dell’uomo e del pianeta”. Un grazie sentito a tutti i collaboratori del Dicastero.
Molteplici sono le questioni che verranno affrontate in questo appuntamento annuale, che segna i trent’anni di attività del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute) e che coincide anche con il ventesimo anniversario della pubblicazione della Lettera enciclica Evangelium vitae di san Giovanni Paolo II.
Proprio il rispetto per il valore della vita, e, ancora di più, l’amore per essa, trova un’attuazione insostituibile nel farsi prossimo, avvicinarsi, prendersi cura di chi soffre nel corpo e nello spirito: tutte azioni che caratterizzano la pastorale della salute. Azioni e, prima ancora, atteggiamenti che la Chiesa metterà in speciale risalto durante il Giubileo della Misericordia, che ci chiama tutti a stare vicino ai fratelli e alle sorelle più sofferenti. Nella Evangelium vitae possiamo rintracciare gli elementi costituitivi della “cultura della salus”: cioè accoglienza, compassione, comprensione e perdono. Sono gli atteggiamenti abituali di Gesù nei confronti della moltitudine di persone bisognose che lo avvicinava ogni giorno: malati di ogni genere, pubblici peccatori, indemoniati, emarginati, poveri, stranieri… E curiosamente questi, nella nostra attuale cultura dello scarto sono respinti, sono lasciati da parte. Non contano. E’ curioso… Questo cosa vuol dire? Che la cultura dello scarto non è di Gesù. Non è cristiana.
Tali atteggiamenti sono quelli che l’Enciclica chiama “esigenze positive” del comandamento circa l’inviolabilità della vita, che con Gesù si manifestano in tutta la loro ampiezza e profondità, e che ancora oggi possono, anzi devono contraddistinguere la pastorale della salute: esse «vanno dal prendersi cura della vita del fratello (familiare, appartenente allo stesso popolo, straniero che abita nella terra di Israele), al farsi carico dell’estraneo, fino all’amare il nemico» (n. 41).
Questa vicinanza all’altro – vicinanza sul serio e non finta – fino a sentirlo come qualcuno che mi appartiene – anche il nemico mi appartiene come fratello – supera ogni barriera di nazionalità, di estrazione sociale, di religione…, come ci insegna il “buon samaritano” della parabola evangelica. Supera anche quella cultura in senso negativo secondo la quale, sia nei Paesi ricchi che in quelli poveri, gli esseri umani vengono accettati o rifiutati secondo criteri utilitaristici, in particolare di utilità sociale o economica. Questa mentalità è parente dalla cosiddetta “medicina dei desideri”: un costume sempre più diffuso nei Paesi ricchi, caratterizzato dalla ricerca ad ogni costo della perfezione fisica, nell’illusione dell’eterna giovinezza; un costume che induce appunto a scartare o ad emarginare chi non è “efficiente”, chi viene visto come un peso, un disturbo, o che è brutto semplicemente.
Ugualmente, il “farsi prossimo” – come ricordavo nella mia recente Enciclica Laudato si’ – comporta anche assumerci responsabilità inderogabili verso il creato e la “casa comune”, che a tutti appartiene ed è affidata alla cura di tutti, anche per le generazioni a venire.
L’ansia che la Chiesa nutre, infatti, è per la sorte della famiglia umana e dell’intera creazione. Si tratta di educarci tutti a “custodire” e ad “amministrare” la creazione nel suo complesso, quale dono consegnato alla responsabilità di ogni generazione perché la riconsegni quanto più integra e umanamente vivibile per le generazioni a venire. Questa conversione del cuore al “vangelo della creazione” comporta che facciamo nostro e ci rendiamo interpreti del grido per la dignità umana, che si eleva soprattutto dai più poveri ed esclusi, come molte volte sono le persone ammalate e i sofferenti. Nell’imminenza ormai del Giubileo della Misericordia, questo grido possa trovare eco sincera nei nostri cuori, cosicché anche nell’esercizio delle opere di misericordia, corporale e spirituale, secondo le diverse responsabilità a ciascuno affidate, possiamo accogliere il dono della grazia di Dio, mentre noi stessi ci rendiamo “canali” e testimoni della misericordia.
Auspico che in queste giornate di approfondimento e dibattito, in cui considerate anche il fattore ambientale nei suoi aspetti maggiormente legati alla salute fisica, psichica, spirituale e sociale della persona, possiate contribuire ad un nuovo sviluppo della cultura della salus, intesa anche in senso integrale. Vi incoraggio, in tale prospettiva, a tenere sempre presente, nei vostri lavori, la realtà di quelle popolazioni che maggiormente subiscono i danni provocati dal degrado ambientale, danni gravi e spesso permanenti alla salute. E parlando di questi danni che vengono dal degrado ambientale, per me è una sorpresa trovare – quando vado in udienza il mercoledì o vado nelle parrocchie – tanti malati, soprattutto bambini… Mi dicono i genitori: “Ha una malattia rara! Non sanno cosa sia”. Queste malattie rare sono conseguenze della malattia che noi facciamo all’ambiente. E questo è grave!
Chiediamo a Maria Santissima, Salute dei malati, di accompagnare i lavori di questa vostra Conferenza. A lei affidiamo l’impegno che, quotidianamente, le diverse figure professionali del mondo della salute svolgono in favore dei sofferenti. Benedico di cuore tutti voi, le vostre famiglie, le vostre comunità, come pure quanti incontrate negli ospedali e nelle case di cura. Prego per voi; e voi, per favore, pregate per me. Grazie.
[02016-IT.02] [Testo originale: Italiano]