Il 6 agosto 1978 moriva Paolo VI
05 agosto 2020
L’intuizione di un’aula per le udienze affidata a Pier Luigi Nervi
Maggio 1964: Paolo VI incontra l’ingegnere Pier Luigi Nervi e lo invita a costruire un luogo adatto per accogliere le folle sempre più numerose di fedeli e pellegrini, incoraggiandolo «a tentare opera non meschina o banale, ma cosciente della sua privilegiata collocazione e della sua ideale destinazione».
Il famoso architetto domanda a Paolo VI se, a due passi dalla cupola michelangiolesca, avrebbe potuto «osare». Il Papa risponde: «Osi! Bisogna saper osare al momento giusto!». Da quel primo incontro con Paolo VI, Nervi uscì scosso e turbato: «La sola idea di dover costruire un edificio all’ombra della Basilica di San Pietro gli procurava autentico tormento interiore». Tuttavia, incoraggiato dalle parole del Papa, ritrovò l’abituale, coraggioso entusiasmo. E oggi possiamo dire che siamo al cospetto di un atto consapevole di “ardimento”, ma anche davanti ad un atto di nobile umiltà. L’aula delle udienze, che si avvia a celebrare i cinquant’anni di vita, è la visione, trasformatasi in pietra, dei suoi coraggiosi idealisti creatori: Paolo VI e Pier Luigi Nervi.
Si calcola che, in cinquanta anni, nelle udienze e nelle varie manifestazioni che vi si sono svolte alla presenza di Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, i fedeli siano stati oltre 11.500.000.
«Osare» credo sia sempre stato lo spirito con cui Montini ha affrontato il suo ministero: osare sempre con fiducia, per l’avvenire della Chiesa, correggendo gli arbitri dottrinali e disciplinari, che sorgevano soprattutto dopo il Concilio; ma anche incoraggiando e aprendo nuove strade per l’annuncio del Vangelo in un mondo in continua e veloce evoluzione.
«Bisogna osare d’oltrepassare le soglie del Vangelo, e di studiare da quale principi il Signore vuol trarre la fecondità dell’istituzione spirituale e sociale, che è la Chiesa, da lui fondata» (31 agosto 1966).
Sentiva l’urgenza e il bisogno di consumarsi, di effondersi; il bisogno di fare, il bisogno di dare, il bisogno di trasfondere negli altri il proprio tesoro, il proprio fuoco. E scriveva: «Sì; sì, o Signore, dimmi quello che io devo fare, e oserò, lo farò» (13 ottobre 1968).
Convinto che bisognasse osare tutto il possibile per il Regno di Dio, spingeva verso un autentico rinnovamento del cristianesimo post-conciliare: «Siamo esortati a non aver timore; possiamo osare, dobbiamo osare» (25 luglio 1973).
Il pontificato di Paolo VI ha attraversato un periodo travagliato della storia; un periodo che richiedeva un grande coraggio, una grande forza d’animo, e in modo tutto speciale, il coraggio della verità.
Montini ha dimostrato questo coraggio, che dice maturità umana, vigore di spirito e ardimento di volontà, capacità d’amore e di sacrificio. Cosciente che chi sa tutto soffrire, può tutto osare.
Ha saputo osare, Paolo VI, quando ha dovuto affrontare certa mentalità conformista, iconoclasta, mondanizzante, che tendeva a minare e disperdere i tesori della tradizione.
Ha saputo osare, nell’affrontare lo spirito di indipendenza e di ribellione nella vita ecclesiale e consacrata, che tendeva a vanificare l’obbedienza.
Ha saputo osare nella riforma liturgica; nel tenere la barra dritta della Chiesa sui temi delicati del celibato sacerdotale e della vita umana.
Ha saputo osare, anche se notava che «da qualche fessura è entrato il fumo di satana nel tempio di Dio» (29 giugno 1972). Nonostante il dubbio, l’incertezza, la problematica, l’inquietudine, l’insoddisfazione strisciante, al termine della vita ha potuto serenamente affermare «con umile e ferma coscienza di non aver mai tradito il “santo vero”» (29 giugno 1978).
L’insegnamento che Paolo VI ci lascia è che bisogna sempre osare quando si tratta della causa di Dio. L’autenticità della vita cristiana esige un grande coraggio: «Non possiamo essere cristiani se non con coraggio pieno, con forza» (27 febbraio 1974).
La vita cristiana esige coraggio. «Il cristianesimo, per viverlo bene, ha bisogno di continue riparazioni, di ricorrenti riforme, di ripetuti rinnovamenti» (24 luglio 1968).
«Sì, ben compreso, il cristianesimo è facile. Bisogna pensarlo così, presentarlo così, viverlo così» (25 giugno 1969).
di Leonardo Sapienza
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