Pope urges humanization of medicine and healthcare service
“The sick person is not a number: he or she is a person who needs humanity,” Pope Francis told representatives of the Villa Maria Care & Research Group. He particularly drew attention to “closeness”.
By Robin Gomes (Vaticannews)
Pope Francis is urging healthcare facilities to be more and more homes of welcome and comfort, where the sick person finds friendship, understanding, kindness and charity – in other words, humanity.
The sick – not a number
“The sick person is not a number: he or she is a person who needs humanity,” the Pope told representatives of the Villa Maria Care & Research Group on Saturday. The Italian healthcare company, founded in 1973, has over 9,000 employees in its facilities in Italy, France, Albania, Poland, Russia and Ukraine.
Treating a person with humanity, the Pope said, calls for the collaboration of all in order to meet the needs of the sick with a spirit of service and an attitude of generosity and sensitivity.”
Closeness
To achieve these objectives, the Pope said, “it is necessary not to allow oneself to be absorbed by the ‘systems’ which aim only at the economic-financial component, but to implement a style of closeness to the person, so as to be able to assist him or her with human warmth in the face of the anxieties which affect them in the most critical moments of illness.” This, he said, “contributes concretely to humanizing medicine and the hospital and healthcare reality.”
The Holy Father particularly stressed the word “closeness”, saying God uses this method to save us. “The God of closeness became a neighbour in Jesus Christ: one of us.” “Closeness is the key to humanity and Christianity,” the Pope emphasized.
Service in the spirit of Jesus
The Holy Father particularly reminded Christian healthcare workers to carry out their service in the spirit of Jesus, reminding them of His words: “Whatever you did for one of these least brothers of mine, you did for me.” “Herein lies the evangelical foundation of service to the neighbour.” Taking care of the brother or sister who suffers, he said, means, in this sense, making room for the Lord.
The technological evolution and social, economic and political changes that affect healthcare, the Pope said, “call for a new culture, especially in the technical and moral preparation of health workers at all levels”.
While appreciating the work of the Villa Maria Group, Pope Francis encouraged its personnel to persevere with dedication in the service of human life, hoping that their facilities, which are places not only of suffering but also of hope and human and spiritual experience, be increasingly marked by solidarity and care for the sick person.
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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI MEMBRI DELLA FONDAZIONE GVM CARE & RESEARCH
Sala Clementina
Sabato, 1 febbraio 2020
Cari fratelli e sorelle,
rivolgo il mio cordiale benvenuto a voi, rappresentanti del Gruppo Villa Maria: medici, infermieri, personale amministrativo e dirigenti. Ringrazio il Presidente per le sue parole. Ho ascoltato l’illustrazione delle finalità e dei propositi da cui è animata la vita del vostro Gruppo, da quarant’anni attivo nel settore della sanità e al servizio della salute delle persone. Mi congratulo per il dinamismo che vi ha portato ad estendere la vostra attività, oltre che in Italia, ad altri Paesi, sempre al servizio della vita umana segnata dalla malattia. Vi incoraggio a perseverare con dedizione nelle opere intraprese, ed auspico che le vostre strutture, luoghi di sofferenza ma anche di speranza e di esperienza umana e spirituale, possano essere sempre più improntate alla solidarietà e all’attenzione per la persona malata.
L’evoluzione tecnologica e gli stessi mutamenti di natura sociale, economica e politica hanno cambiato il tessuto su cui poggia la vita degli ospedali e delle strutture sanitarie. Da qui la necessità di una nuova cultura, specialmente nella preparazione tecnica e morale degli operatori sanitari a tutti i livelli.
In questa prospettiva, è importante quanto ha compiuto finora il Gruppo Villa Maria per andare incontro alle esigenze dei pazienti e delle loro famiglie, costretti a volte a migrare verso centri specializzati lontani dal proprio territorio. L’impegno ad allargare il raggio di azione con l’acquisizione o la creazione di nuove strutture e l’ampliamento delle infrastrutture, denota la volontà di assicurare le attrezzature e il conforto necessari per la degenza dei malati e per la loro guarigione.
È auspicabile che i luoghi di cura siano sempre più case di accoglienza e di conforto, dove il malato trovi amicizia, comprensione, gentilezza e carità. Insomma, trovi umanità. Il malato non è un numero: è una persona che ha bisogno di umanità. A tale proposito, è necessario stimolare la collaborazione di tutti, per venire incontro alle esigenze dei malati con spirito di servizio e atteggiamento di generosità e di sensibilità. Questo non è facile, perché il malato è ammalato, e perde la pazienza e tante volte è “fuori di sé”. Non è facile, ma si deve fare. Per raggiungere tali obiettivi, occorre non lasciarsi assorbire dai “sistemi” che mirano solo alla componente economico-finanziaria, ma attuare uno stile di prossimità alla persona, per poterla assistere con calore umano di fronte alle ansietà che la investono nei momenti più critici della malattia. In questo modo si contribuisce concretamente ad umanizzare la medicina e la realtà ospedaliera e sanitaria. Ho detto una parola, prossimità: Non dobbiamo dimenticarla. Anche la prossimità – permettiamoci di dire – è il metodo che ha usato Dio per salvarci. Già al popolo ebreo diceva: “Dimmi tu, quale popolo ha i suoi dei così vicini, così prossimi come tu hai me?”. Il Dio della prossimità si è fatto prossimo in Gesù Cristo: uno di noi. La prossimità è la chiave dell’umanità e del cristianesimo.
Quanti si riconoscono nella fede cristiana sono chiamati a svolgere il loro servizio nello spirito delle parole di Gesù: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Qui si trova il fondamento evangelico del servizio al prossimo. Così i malati e i sofferenti diventano per chi ha fede segni viventi della presenza di Cristo, il Figlio di Dio, venuto per sanare e guarire, assumendo su di sé la nostra fragilità, la nostra debolezza. Prendersi cura del fratello che soffre, significherà, in questo senso, fare posto al Signore. Dai luoghi di cura e di dolore viene anche un messaggio per la vita di tutti; una grande lezione che nessun’altra cattedra può impartire. L’uomo che soffre, infatti, comprende di più il bisogno e il valore del dono divino della redenzione e della fede, e aiuta anche quanti gli sono accanto ad apprezzare e ricercare tale dono.
E proprio ai malati e alle persone degenti nelle vostre strutture vorrei esprimere la mia vicinanza, la mia prossimità, che vi prego di trasmettere loro. Mi unisco alla loro attesa di guarigione, condividendo spiritualmente la loro prova ed augurando che essa possa presto concludersi, così che ciascuno possa quanto prima far ritorno alla propria casa, alla propria famiglia. Per essi invoco dal Signore i doni della pazienza e della fiducia, insieme a tanta forza di sopportazione, per essere sempre docili alla volontà di Dio, confidando nella sua bontà paterna e provvidente.
A voi tutti, cari amici, rinnovo il mio apprezzamento per il vostro servizio alle persone inferme, servizio di umanità. Grazie, grazie di questo! Affido il vostro lavoro alla materna intercessione della Vergine Maria Salus infirmorum e di cuore vi benedico tutti. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Anche io ho bisogno di questo.