Riportiamo di seguito il Messaggio del Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute), S.E. Mons. Zygmunt Zimowski, in occasione della Giornata Mondiale sull’Autismo che ricorre oggi 2 aprile, sul tema: Artefici e testimoni di speranza:
Messaggio di S.E. Mons. Zygmunt Zimowski
Carissimi Fratelli e Sorelle,
in occasione della 9ª Giornata Mondiale per la Consapevolezza e la Sensibilizzazione sull’Autismo, che quest’anno coincide con i giorni immediatamente successivi alla Pasqua di Risurrezione, la Chiesa intende far proprio l’atteggiamento di Gesù Risorto che infonde speranza alle donne dopo i tragici giorni della Sua passione e morte: «Non temete» (Mt 28,10).
Molte volte la fatica quotidiana, la delusione, lo smarrimento, la solitudine, l’ansia per il futuro possono avere il sopravvento sulla speranza, che sempre dovrebbe animare le famiglie, gli operatori sanitari e le associazioni scientifiche e di ricerca, le istituzioni scolastiche, i volontari e tutti coloro che, a diverso titolo e in modo sinergico, sono a fianco delle persone con disturbi dello spettro autistico.
Nella consapevolezza che è importante e necessario stimolare l’impegno in questo settore per il miglioramento dei servizi e per la promozione della ricerca, così come è essenziale essere a fianco delle persone autistiche e ai loro familiari, si può affermare che in tutte queste meravigliose attività il nostro cuore non può non sentirsi confermato in modo forte nella speranza.
La speranza cristiana – come afferma Papa Francesco – «non è semplicemente un desiderio, un auspicio, non è ottimismo: per un cristiano, la speranza è attesa, attesa fervente, appassionata del compimento ultimo e definitivo di un mistero, il mistero dell’amore di Dio, nel quale siamo rinati e già viviamo. Ed è attesa di qualcuno che sta per arrivare: è il Cristo Signore che si fa sempre più vicino a noi, giorno dopo giorno, e che viene a introdurci finalmente nella pienezza della sua comunione e della sua pace. La Chiesa ha allora il compito di mantenere accesa e ben visibile la lampada della speranza, perché possa continuare a risplendere come segno sicuro di salvezza e possa illuminare a tutta l’umanità il sentiero che porta all’incontro con il volto misericordioso di Dio» (Udienza Generale, 15 ottobre 2014).
In un tempo in cui spesso si fatica a trovare delle ragioni per sperare, e soprattutto di fronte al problema relativo ai disturbi dello spettro autistico, che molte volte stentano non solo ad essere diagnosticati, ma – soprattutto nelle famiglie – ad essere accolti senza vergogna o ripiegamenti nella solitudine, siamo chiamati a riporre la nostra fiducia in Dio. Ora, anche se per definizione la speranza guarda al futuro, essa si radica nell’oggi di Dio, il quale non può che amare ed instancabilmente ci cerca. Dio, infatti, è bontà e benevolenza senza limiti, si prende cura dei suoi figli e non abbandonerà mai quelli che ha chiamati ad entrare nella sua comunione, qualunque siano le difficoltà.
In questo orizzonte di fede, la sensibilizzazione in ordine ad un disturbo neurologico e comportamentale, che fino a poco tempo fa poteva essere considerato uno stigma sociale, fortunatamente sta acquisendo sempre più considerazione nel campo della diagnosi e della ricerca, così come in quelli dell’assistenza, dell’inserimento scolastico e lavorativo, nonché nell’accompagnamento della crescita spirituale. Essa costituisce un segno di speranza, come è emerso anche in occasione della Conferenza Internazionale promossa due anni fa da questo Dicastero della Santa Sede sul tema: La persona con disturbi dello spettro autistico: animare la speranza.
Ciò nonostante, non può venire meno l’impegno di tutti per favorire l’accoglienza, l’incontro, la solidarietà, in una concreta opera di sostegno e di rinnovata promozione della speranza, tenendo conto soprattutto del fatto che l’autismo si protrae per tutta la vita. Ne deriva, quindi, che solo l’alleanza tra i settori sanitario, socio-sanitario ed educativo, nonché l’inserimento, ove possibile, in attività lavorative per accrescere l’autonomia personale, possono assicurare la continuità della presa a carico lungo l’arco della vita di questi nostri fratelli e sorelle. Consentendo un’integrazione funzionale tra i servizi specifici dell’età evolutiva e quelli dell’età adulta, si permette alla persona con autismo di conservare le capacità acquisite con interventi abilitativi in età giovanile, evitando la loro regressione e la vanificazione delle risorse impiegate.
In questo impegno oneroso, ma non impossibile, l’effetto degli interventi educativi, sanitari e sociali a sostegno delle persone con disturbi dello spettro autistico e delle loro famiglie può costituire un valido incentivo per individuare e per promuovere politiche efficaci ed efficienti, creando così sul territorio e anche nei Paesi a basso reddito – come affermava Papa Francesco incontrando i bambini e le persone autistici e i loro familiari il 22 novembre 2014 – «una rete di sostegno e di servizi, completa ed accessibile», che possa «aiutare le famiglie a superare la sensazione, che a volte può sorgere, di inadeguatezza, di inefficacia e di frustrazione».
Seguendo l’invito di Papa Francesco che, soprattutto in questo Anno Santo della Misericordia, stimola credenti e non credenti a riscoprire atteggiamenti di accoglienza e di fraterna solidarietà, facciamoci carico nella nostra vita dell’accettazione e dell’inclusione delle persone autistiche e delle loro famiglie, nella certezza che in tal modo siamo testimoni di autentica e gioiosa speranza nella Chiesa e nel mondo.
A tutti gli operatori sanitari, ai ricercatori, agli educatori e ai tecnici della riabilitazione psichiatrica, agli operatori pastorali e sociali, agli insegnanti e specialmente alle persone autistiche e alle loro famiglie formulo l’augurio di ogni bene e gioia nel Signore Risorto. Alleluia.
Vaticano, 2 aprile 2016
S.E. Mons. Zygmunt Zimowski
[00500-IT.01] [Testo originale: Italiano]
…………………………..
http://www.fiamc.org/agenda/santo-padre-e-autismo-pope-on-autism/