La salute e la malattia nei Pontefici del nostro tempo
La Pastorale della salute nei Pontefici del nostro tempo
Un filo conduttore ha sempre legato fortemente gli ultimi Pontefici nella storia della Chiesa in tema di sofferenza e malattia. Sia il Beato Papa Giovanni Paolo II, che Benedetto XVI ed infine Papa Francesco hanno manifestato attenzione, sollecitudine ed amore verso le persone che soffrono e per coloro che li assistono: operatori sanitari, familiari, volontari. I suddetti tre Pontefici in molte occasioni hanno sottolineato la necessità di una pastorale capace di sostenere i malati nell’affrontare la sofferenza, aiutandoli a trasformare la propria condizione in un momento di grazia per sé e per gli altri, attraverso una viva partecipazione al mistero di Cristo.
La Chiesa proteggeva e protegge la dignità della persona anche nella sofferenza duratura e nel processo di morire. Basti accennare ad alcuni documenti del Magistero della Chiesa, come la Lettera apostolica di Giovanni Paolo II Salvifici doloris (1984) Sul senso cristiano della sofferenza umana, il Catechismo della Chiesa Cattolica (1992), l’Enciclica di Giovanni Paolo II Evangelium Vitae (1995), l‘Enciclica di Benedetto XVICaritas in veritate (2009), l‘Esortazione apostolica di Papa Francesco Evangelii gaudium(2013). E basti ricordare anche l’esempio personale del Beato Giovanni Paolo II, che è stato grande nella sua vita, nella sua sofferenza, nel suo morire.
Proprio Papa Giovanni Paolo II, nella Lettera apostolica Salvifici doloris, auspica che la sofferenza aiuti a “sprigionare nell’uomo l’amore, quel dono disinteressato del proprio «io» in favore degli altri uomini, degli uomini sofferenti”. Ed aggiunge: “Il mondo dell’umana sofferenza invoca, per così dire, senza sosta un altro mondo: quello dell’amore umano; e quest’amore disinteressato che si desta nel suo cuore e nelle sue opere, l’uomo lo deve, in un certo senso, alla sofferenza ” (n. 29).
Papa Benedetto XVI, nel suo Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, nel 2007, ha tra l’altro messo in evidenza l’aspetto evangelico della pastorale della salute, che richiama immediatamente l’opera di Gesù, buon Samaritano dell’umanità. Quando passava attraverso i villaggi della Palestina annunciando la buona novella del Regno di Dio, Egli accompagnava sempre la predicazione con i segni che compiva sui malati, guarendo tutti coloro che erano prigionieri di ogni sorta di malattie e di infermità. La salute dell’uomo, di tutto l’uomo, è stato il segno che Cristo ha prescelto per manifestare la vicinanza di Dio, il suo amore misericordioso che risana lo spirito, l’anima e il corpo. Questo deve essere sempre il riferimento fondamentale di ogni iniziativa sanitaria: la sequela di Cristo, che i Vangeli ci presentano quale “medico” divino. E’ questa la prospettiva biblica che valorizza il principio etico naturale del dovere della cura del malato, in base al quale ogni esistenza umana va sempre difesa.
Cristo è considerato medico delle anime e dei corpi, ma è anche il Buon Samaritano che offre l’esempio e la guida per soccorrere l’umanità sofferente mediante il vedere, fermarsi, avere compassione, impegnarsi, coinvolgendo il maggior numero possibile di persone, dal momento che “la Chiesa è la famiglia di Dio nel mondo”, ed on questa famiglia non deve esserci nessuno che soffra per mancanza del necessario. » (Deus caritas est, 25b).
Soccorrere l’essere umano è un dovere, sia in risposta a un diritto fondamentale della persona, sia perché la cura degli individui si riflette a beneficio della collettività. Del resto, la stima e la fiducia nei confronti del personale sanitario sono proporzionati alla certezza che tali “difensori di ufficio della vita” non disprezzeranno mai un’esistenza umana, per quanto menomata, e sapranno sempre incoraggiare i tentativi di cura. L’impegno della cura va quindi esteso ad ogni essere umano, nell’intento di coprire l’intera sua esistenza, dall’alba fino al suo naturale tramonto.
Nell’applicazione pratica di una buona pastorale sanitaria, sicuramente la Struttura ospedaliera, o l’Istituzione assistenziale svolgono un ruolo fondamentale, nel quale si devono riscoscere e rispettare i valori fondamentali della persona. Ancora Papa Benedetto XVI, durante la visita ad un nosocomio italiano ha detto: «L’ospedale è un luogo che potremmo dire in qualche modo “sacro”, dove si sperimenta la fragilità della natura umana, ma anche le enormi potenzialità e risorse dell’ingegno dell’uomo e della tecnica al servizio della vita. La vita dell’uomo! Questo grande dono, per quanto lo si esplori, resta sempre un mistero. Il mio vivo auspicio è che, al necessario progresso scientifico e tecnologico, si accompagni costantemente la coscienza di promuovere, insieme con il bene del malato, anche quei valori fondamentali, come il rispetto e la difesa della vita in ogni sua fase, dai quali dipende la qualità autenticamente umana di una convivenza» (Visita al Policlinico “San Matteo” di Pavia, 22 aprile 2007).
L’intramontabile legame tra fede e sofferenza può essere rintracciato anche nella recente Lettera Enciclica Lumen Fidei di Papa Francesco, in particolare ai nn. 56-57: la sofferenza costituisce una testimonianza di fede e la fede, da parte sua, sostiene e dà senso al mistero della sofferenza. Questo indissolubile binomio costituisce pertanto un compito che sempre interpella la Chiesa e, in particolare, la pastorale della salute, nell’opera di evangelizzazione affidate loro da Cristo Signore.
La Comunità cristiana deve diventare sempre più consapevole che la prima cura è la presenza amorevole e imparare sempre più a farsi prossima al sofferente e al morente come comunità sanante che accoglie, sostiene e consola.
Certamente l’esempio di Papa Francesco ci ha portati e ci porta a rinnovare lo slancio nell’adesione al mandato di questo Dicastero per gli Operatori sanitari, per la Pastorale della Salute, e ad impegnarci in una sua sempre migliore attuazione.
Sin dal giorno della sua elezione a Vescovo di Roma, il Papa ha rivelato una straordinaria capacità di comunicare con tutti e di trovare tempo e modo per incontrare le persone sofferenti, a cominciare dai diversamente abili, anche nelle occasioni organizzativamente più complesse. E’ ormai a tutti noto la predilezione del Santo Padre per i poveri e gli ammalati. Proprio questa sua attenzione, tutta particolare, per le persone sofferenti che portano nel proprio corpo i segni della passione di Cristo, è per noi anche un continuo richiamo ad agire in termini di servizio alla Chiesa Universale, senza per questo trascurare la specificità culturale, sociale ed economica di ciascuna Chiesa Particolare.
Un momento decisamente straordinario sarà inoltre la partecipazione alla Messa di canonizzazione del fondatore di questo Dicastero, Papa Giovanni Paolo II, che avrà luogo il 27 aprile, nella Domenica dedicata alla Divina Misericordia. Un evento atteso e profondamente sentito per il suo esempio di santo difensore della vita umana e di santo mariano, che ha saputo essere santo nella vita e nella morte.
+ Zygmunt Zimowski
Presidente del Pontificio Consiglio
per gli Operatori Sanitari