L’eredità di Zygmunt Zimowski
Chino su chi soffre
di Krzysztof Nykiel
Siamo riuniti in questa luogo sacro, dove tutto ci racconta l’infinita misericordia di Dio; e proprio all’amore misericordioso di Dio desideriamo affidare l’anima del compianto monsignor Zygmunt Zimowski.
Ripercorriamo con la memoria la sua esistenza, caratterizzata da una fede evangelica forte e profonda appresa fin dalla sua infanzia in famiglia e nella comunità cristiana di Kupienin, dove era nato il 7 aprile 1949 e dove il Signore aveva preparato il suo cuore a ricevere il grande dono della vocazione sacerdotale. Fu ordinato sacerdote, infatti, il 27 maggio 1973. Incardinato nella diocesi di Tarnów, aveva conseguito la licenza in teologia dogmatica presso l’università cattolica di Lublino, in Polonia, e il dottorato, sempre in teologia dogmatica, presso la Facoltà teologica dell’università Leopold-Franzens di Innsbruck, in Austria. In servizio presso la Congregazione per la dottrina della fede dal 1983 al 2002, è stato anche postulatore dei processi di beatificazione e canonizzazione di Karolina Kózka, del reverendo Roman Sitko e di suor Maria Julitta Ritz. Nello stesso periodo è stato nominato prima cappellano di Sua Santità, nel 1988, poi prelato d’onore nel 1999. Dal futuro santo Papa Giovanni Paolo II venne nominato vescovo di Radom e ordinato nella cattedrale della medesima diocesi polacca il 25 maggio 2002, dall’allora cardinale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Joseph Ratzinger che, quando divenne Papa Benedetto XVI, nel 2009 lo nominò presidente del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, conferendogli la dignità arcivescovile.
In qualità di membro della Conferenza episcopale polacca ha svolto numerosi incarichi: presidente della commissione per la dottrina della fede, membro del consiglio permanente, delegato per la pastorale degli emigranti, membro della commissione ecumenica e del gruppo per i contatti con il Consiglio ecumenico, membro del gruppo dei vescovi per la sollecitudine pastorale per Radio Maria e della società polacca di mariologia.
È stato anche docente di ecclesiologia all’università cattolica di Lublino e all’università cardinale Stefan Wyszyński di Varsavia. È autore di 120 pubblicazioni, di 42 lettere pastorali e di alcuni libri, nonché di parecchi articoli. Nella Santa Sede era stato anche nominato in questi ultimi anni membro della Congregazione delle cause dei santi e della Congregazione per i vescovi.
Mi onoro di aver goduto della stima e dell’amicizia di monsignor Zimowski e soprattutto della sua luminosa testimonianza di vita evangelica. È stato un vero sacerdote e un autentico vescovo, immagine di Cristo Buon pastore e buon samaritano. Un uomo di preghiera e di vita interiore; un pastore mite, umile, accogliente con tutti: sacerdoti, religiosi e religiose, laici. Chiunque poteva contare sulla sua disponibilità, accoglienza e generosità. Zelante annunciatore del Vangelo e fedele servitore della madre Chiesa, che tanto ha amato, e dei Sommi Pontefici, in particolare san Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, i quali gli hanno dimostrato sempre fiducia, stima e amicizia.
Spinto dalla carità verso i poveri e gli ultimi e animato dallo zelo per la Casa del Signore, ha realizzato diverse opere che sono un segno eloquente della sua generosità e spirito di solidarietà. Ha fatto costruire nel suo paese natale, Kupienin, la chiesa dedicata ai santi Apostoli Pietro e Paolo e, insieme al compianto cardinale Fiorenzo Angelini, una grande casa di accoglienza per persone anziane, anche non autosufficienti, gestita con spirito di autentico servizio al prossimo dalla congregazione delle suore benedettine riparatrici del Santo volto di nostro Signore Gesù Cristo. Ha inoltre fatto erigere, sempre in Polonia, un centro di spiritualità e di aggregazione per giovani con problemi di salute nella località di Kicznia, diocesi di Tarnów, e un centro educativo-caritativo Emmaus nella diocesi di Radom, intitolato a san Giovanni Paolo II.
A tal proposito vorrei citare il passaggio di un’intervista che monsignor Zimowski ha rilasciato, nel novembre dello scorso anno, in occasione della trentesima Conferenza internazionale, promossa in Vaticano dal Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari sul tema: «La cultura dellasalus e dell’accoglienza al servizio dell’uomo e del Pianeta». In queste parole da lui pronunciate, e che ora cito, emerge quanto gli stesse a cuore farsi carico delle sofferenze e dei disagi dei poveri e degli emarginati: «L’accoglienza è molto importante: accoglienza dei poveri, degli abbandonati, dei malati. Il “chinarsi” verso la persona sofferente, il malato, non a caso è una delle missioni, delle massime espressioni della virtù della misericordia, della quale ogni operatore sanitario — che mette la propria coscienza e la propria interiorità spirituale al servizio dell’infermo e dell’emarginato — ha imparato a comprendere il significato».
Come presidente del Pontificio Consiglio degli operatori sanitari ebbe modo di incontrare tante persone in diverse parti del mondo, soprattutto gli ammalati e i sofferenti, come anche medici, operatori soci sanitari e tutti coloro che dedicano la vita ad alleviare le sofferenze e le indigenze umane. Egli accoglieva tutti con gentilezza, pazienza e amore. La porta del suo ufficio presso il Pontificio Consiglio non si è mai chiusa a nessuno. Riceveva ogni persona con il medesimo spirito di accoglienza e ascolto. Con tutti coloro che si rivolgevano a lui, magari per l’organizzazione di grandi momenti ecclesiali — penso alle giornate mondiali del malato — come nell’esercizio quotidiano del servizio di “ministro vaticano della salute” egli si ispirava al suo motto episcopale: Non ministrari sed ministrare. In ogni situazione, infatti, sapeva trovare nel servizio la via privilegiata per conformare la sua vita al «Figlio dell’uomo che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Marco 10, 45).
Anche nel periodo della sua dolorosa malattia non è venuto meno in monsignor Zimowski il desiderio di continuare a servire Cristo e la Chiesa con dedizione e passione. Ha accolto la malattia con serena accettazione, come un dono di Dio e continuamente offriva le sue tante sofferenze per il Papa, per il bene della Chiesa, per gli ammalati, per la pace e la salvezza del mondo. La malattia è stata da lui considerata come un’occasione per dare gloria a Dio e offrire una testimonianza a coloro che soffrono, perché comprendano che il dolore deve essere accolto come via privilegiata per la piena conformazione a Cristo crocifisso e risorto. San Paolo, scrivendo ai Filippesi, ricorda che «la nostra patria è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso» (3, 20-21). E, nella prima lettera ai Corinzi, l’apostolo ribadisce che «è necessario che questo corpo corruttibile si vesta d’incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta d’immortalità» (15, 53). Così è stato per l’amato arcivescovo Zimowski: sebbene la malattia lo indebolisse, lo facesse deperire, immobilizzasse il suo aspetto esteriore, la sua vita spirituale cresceva di giorno in giorno ed emergeva chiaramente sempre di più il suo consegnarsi alla volontà di Dio. Ne sono testimoni le persone che hanno avuto il privilegio di condividere con l’arcivescovo l’ultimo tratto della sua vita terrena e che hanno potuto constatare il suo quotidiano affidamento a Dio unito a una santa rassegnazione che distingueva il suo vivere quotidiano.
166Q07Z1 22/07/2016
Messa di suffragio a Santo Spirito in Sassia
È stata celebrata nella chiesa romana di Santo Spirito in Sassia, giovedì pomeriggio 21 luglio, la messa organizzata dal Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari in suffragio dell’arcivescovo presidente Zygmunt Zimowski. Ha presieduto il rito il vescovo José Luis Redrado Marchite, già segretario del dicastero, che ha rivolto un saluto ai numerosi presenti. «Siamo qui per pregare — ha detto — per il nostro caro fratello morto il 12 luglio. La nostra preghiera è quella della Chiesa: “Donagli, Signore, la gioia e la felicità per sempre”». Quindi ha invitato ad ascoltare «la Parola di Dio, che darà un messaggio per la vita: scoprire la figura di Gesù, cammino, verità e vita. Il messaggio centrale è: Cristo è morto, Cristo è risorto. Questa Eucaristia — ha aggiunto il presule dell’ordine ospedaliero dei fatebenefratelli — ci serva anche per ricordare una volta in più la misericordia di Dio, che chiama a essere beati quanti hanno vissuto il Vangelo, particolarmente le pagine più belle, quelle del servizio agli ammalati. Monsignor Zimowski ha vissuto queste belle pagine come sacerdote, vescovo e presidente del Pontificio Consiglio dal 2009, vivendole egli stesso e animando a viverle gli operatori sanitari». Infine il presule ha concluso ringraziando il Signore per gli anni in cui il vescovo polacco «ha animato, a nome del Pontefice, la pastorale della salute in tutto il mondo».
Numerosi i cardinali, presuli e sacerdoti che svolgono il ministero a Roma — tra cui l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, che ha portato il saluto della segreteria di Stato — e i diplomatici accreditati presso la Santa Sede intervenuti. Hanno concelebrato, tra gli altri, il reggente della Penitenzieria apostolica (che ha tenuto l’omelia di cui pubblichiamo stralci in questa pagina) e il segretario del dicastero organizzatore, monsignor Jean-Marie Mupendawatu, con il camilliano Augusto Chendi, sottosegretario, e i sacerdoti officiali Dariusz Giers, Charles Namugera e Jean-Baptiste Karogoya.
Monsignor Mupendawatu aveva rappresentato il Pontificio Consiglio anche alle esequie svoltesi in Polonia martedì 19, al termine delle quali l’arcivescovo presidente è stato sepolto nella cattedrale di Radom, sotto il pavimento della cappella dedicata alla Madonna di Częstochowa. Alla presenza del ministro della salute del Governo polacco Ewa Kopacz, e di una gran folla di fedeli — molti dei quali hanno seguito il rito attraverso il maxi-schermo allestito all’esterno — il segretario ha portato il proprio saluto a nome del dicastero «che è una grande famiglia, che in tutto il mondo — ha detto — manifesta la sollecitudine della Chiesa verso i sofferenti e verso coloro i quali se ne fanno carico»; ha quindi espresso gratitudine per gli operatori sanitari, professionali e volontari che hanno curato Zimowski. Il prelato ha ringraziato Dio per la vita e il ministero del presidente e per la testimonianza data durante la malattia, vissuta con fede e in comunione con Cristo. Infine, ha ricordato come la Chiesa della Polonia abbia amato e ami Zimowski. Lo testimonia anche la partecipazione di tanti fedeli alle celebrazioni che hanno preceduto i funerali. La prima si era svolta domenica 17 a Kupienin, frazione di Mędrzechow nella diocesi di Tarnów, nella parrocchia di nascita del compianto presule. La sera di lunedì 18, poi, si era svolta nella cattedrale di Radom la veglia funebre presieduta dall’arcivescovo elemosiniere Konrad Krajewski.
Oss Rom, 22/07/2016
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